Non svegliate il mio amore che dorme

Spettacolo
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Il Cantico dei Cantici secondo Roberto Latini, martedì 6 novembre all’Arena del Sole di Bologna.

Come si vede, oggi bisogna ricominciare da capo la lettura e la comprensione del Cantico:
i padri e i rabbini ci hanno lavorato per secoli, e proprio perché noi troviamo estranea
questa lettura - estranea ma non illegittima, una delle settanta -
dobbiamo impegnarci a trovare altri sensi per noi.
Emanuel Levinas afferma che nella Scrittura c’è sempre una parola proprio per me:
se un uomo non nasce, un senso non si rivela.
È questa parola che vogliamo trovare nel Cantico dei Cantici.

Paolo De Benedetti, Per una lettura del Cantico


Un dramma lirico liquido, copioso, eccitante e fuggevole è il
Cantico dei Cantici, in ebraico Shir ha-shirim, traducibile come “l’eccellentissimo cantico”, il primo dei Cinque Rotoli liturgici della terza classe dei libri della Bibbia ebraica (Cantico, Rut, Lamentazioni, Qohelet, Ester), 117 versetti per otto capitoli, interamente dedicati all'amore e ai piaceri del sesso, protagonisti due giovani amanti che chiameremo Lo Sposo e La Sposa.

Il Cantico è stato erroneamente attribuito a re Salomone, il più saggio dei re (e forse anche il più lussurioso), che per ben quattro volte viene citato all'interno dell’opera, nonché nel sovratitolo, Il Cantico dei Cantici che (è) di Salomone. Più probabile che si tratti di un insieme disorganico di liriche amorose, in linea con la tradizione poetica della mistica orientale e ascrivibili ad autori vari d’epoca tardiva.

Tutto questo per dire che il Cantico potrebbe benissimo essere entrato nel Canone per errore, e che le numerose e contraddittorie interpretazioni religiose, storiche e letterarie che nei secoli lo hanno circondato sono, al fondo, di per sé comprensibili.

I commentatori ebrei e i padri della chiesa, per esempio, hanno a lungo provato a giustificarne l’imbarazzante quanto sacra presenza nelle Scritture dentro una complessa e appassionante rete di interpretazioni allegoriche in nome dell’amore spirituale, benché, nei versi, non si faccia mai menzione né di Dio né della religione.

Il Cantico resta alla base il dialogo tra due giovani innamorati, non necessariamente due sposi, una pura estasi, “un grido al desiderio erotico e una descrizione di erotica beatitudine”, così come Antonia Byatt lo ha definito nella sua divertita e puntuale introduzione a I libri della Bibbia di Einaudi.

Spogliatosi della tradizione, Roberto Latini, riparte proprio da qui dal flusso musicale di una parola antica e sovrabbondante che sceglie di tradurre nella sua immediatezza, in voce e corpo d’attore, mirando all'essenziale, indistinto, sfocato e misterioso nelle più esaltanti evocazioni dell’amore, imbastardendo e dissacrando contesto e linguaggio nell'ironico accostamento con un altro testo drammaturgico celebre, il monologo la Voix Humaine di Jean Cocteau del 1930.

Latini 2

Foto: scena dallo spettacolo 

Lo vedremo in scena, martedì 6 novembre alle ore 20:30 all’Arena del Sole di Bologna, in sala Thierry Salmon.

Nel testo di Cocteau come nel Cantico a gestire il gioco è una donna, appesa al telefono per chiamare l’amante la prima, in consapevole attesa dell’amplesso la seconda, in entrambi i casi pazza d’amore. Un desiderio palese, preciso e esplicito è quello della fanciulla protagonista del Cantico che sa come procurare e procurarsi piacere e lo dichiara esattamente come il protagonista maschile, facendo uso delle stesse metafore, accordi e stilemi in un botta e risposta che è un crescendo, una stimolazione sensuale continua e paritaria, pronta a esplodere nell'imminente incontro tra i due.

Una nota discordante rispetto al maschilismo biblico e fortemente attuale. Latini, a cui di certo la cosa non sfugge, va tuttavia oltre e concepisce la sua regia d’attore attorno a una figura androgina, in continuo via e vai tra una panchina e uno studio radiofonico, della cui interiorità diventiamo partecipi.

Nel Cantico, come ancora nota la Byatt «c’è qualcosa di eccessivo, troppa frutta, troppe ricchezze, troppo paesaggio, troppa architettura, occhi come laghi, naso come la torre del Libano, occhi come cerbiatti gemelli, una creatura che in un solo versetto appare bella come la luna, luminosa come il sole, e terribile come un esercito con vessilli». Nemmeno questo sfugge all'attore e regista che ripercorre la reiterazione, l’andirivieni, il turbinio di continuo prendere e lasciare che se da un lato si fa trance e sublime lacerazione dall'altro diviene parodia, come ci dimostra inserendo improvvisamente la voce della Deborah di C’era una volta in America mentre si nega a Noodles e che esclama “Egli è tutta una delizia, ma sarà sempre un teppista da due soldi, perciò non sarà mai il mio diletto… che peccato!”

Per questa personalissima interpretazione Roberto Latini si è aggiudicato il Premio Ubu al miglior attore 2017, uno dei maggiori riconoscimenti nel mondo del teatro italiano, complice il profondo studio vocale, l’attenta costruzione del paesaggio sonoro a cura di Gianluca Misiti (vincitore anch'egli del Premio Ubu come miglior progetto sonoro) il dialogo, mai freddo, con la tecnologia, partitura drammaturgica fondamentale, fin dagli esordi, della sua ricerca corporea e testuale.

Fondatore della compagnia Fortebraccio Teatro di Bologna con Misiti e Max Mugnai, Latini non è nuovo ai riconoscimenti, dal Premio Siapario nel 2011 al primo premio Ubu come Miglior Attore nel 2014 e al Premio della Critica 2015.

Attiva dal 1999, la compagnia si è fatta conoscere negli anni misurandosi nel confronto con i classici, i linguaggi del contemporaneo e del multimediale e esplorando i confini tra parola musica e suono in riscritture originali. Tra gli storici spettacoli ricordiamo Ubu incatenato (2005) dove il gruppo rilegge l’opera di Jarry sperimentando la motion capture e altre tecniche di computer grafica.

Preparatevi, con il Cantico dei Cantici, a un viaggio nel respiro, nella sensazione, nel sentimento di quel poema del godimento da cui tutto ebbe inizio.

Lucia Cominoli

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