Elena Bucci e Marco Sgrosso reinterpretano la visionaria parabola etica di Bertolt Brecht.
“[…] Si immagini un uomo che tenga un discorso in una valle e parlando muti
d'opinione, o semplicemente pronunci frasi contraddittorie, così che l'eco,
ripetendo le sue parole, metta a confronto quelle frasi”.
B. Brecht, Breviario di estetica teatrale
Sono sui giornali, sui social, in televisione, tra i romanzi e le poesie, persino nelle pubblicità, stampate sugli articoli di cancelleria, di cosmesi naturale, di abbigliamento e di design...
Le parole gentilezza, empatia e bontà (con i loro derivati) non sono mai state invocate tutte insieme come nell'ultimo anno.
Se, a dispetto del Marketing, cominciamo a chiederci perché e che uso ne facciamo, una chiave di lettura più profonda ce la potrebbe fornire "L'anima buona del Sezuan", il capolavoro di Bertolt Brecht, in scena all'Arena del Sole di Bologna, dal 21 al 25 novembre, per la regia di Elena Bucci con la collaborazione di Marco Sgrosso.
Un'opera di grande attualità è infatti quella che il grande regista tedesco compose tra il 1938 e il 1940, negli anni dell'esilio tra Francia, Danimarca e Finlandia, in fuga dalla Germania devastata dalla guerra e dedicata alla contraddittoria separazione tra bene e male, al centro della vita e dell'azione dell'essere umano.
Foto: una scena dello spettacolo © Marco Caselli
Visionaria e a tratti fiabesca, "L'anima buona del Sezuan" è sicuramente l'opera più lirica della produzione brechtiana, che, non a caso, è sospesa in un universo onirico non ben identificabile, il territorio del Sezuan, forse la provincia cinese di Sichuan, là dove gli uomini sfruttano gli uomini e la capacità di discernere tra ciò che è buono e ciò che è cattivo è affidata, con scarsi risultati, alle scelte del singolo.
Ecco allora arrivare tre Dei bonaccioni, accolti dal povero acquaiolo Wang, pronti a andare alla ricerca di un'anima buona in quella terra bistrattata, fiduciosi che, sicuramente, la troveranno.
L'anima prescelta sarà, quasi per caso, la giovane prostituta Shen-Te che tuttavia dovrà sdoppiarsi in due, inventando la presenza del severo cugino Shui-Te per non soccombere alle richieste altrui, nella disperata ricerca di migliorare la propria condizione mantenendosi coerente con se stessa, nel rispetto dei propri valori morali e nel tentativo di portare la giustizia tra gli uomini.
In lei, benché imperfetta, gli Dei riconosceranno l'anima buona per eccellenza e ergendosi a giudici finiranno per premiarla. Ma a che prezzo Shen-Te ha mantenuto la sua integrità? Da che cosa e da chi è stata condizionata nelle sue azioni e soprattutto che cosa le accadrà una volta che gli Dei se ne andranno?
A fare da sfondo alla vicenda ben venti personaggi, protagonisti di intermezzi e canzoni originariamente composti dal direttore d'orchestra Paul Dessau.
Nella versione di Elena Bucci e Marco Sgrosso nove saranno i caratteri che li impersoneranno, una polifonia di voci sapientemente calibrata dall'uso di “maschere-identità”, guerrieri e marionette, a sottolineare l'apparente presa di distanza dalla vicenda e dai loro ruoli nello straniamento proprio del teatro epico di Brecht, che qui si esprime in tutta la sua potenza critica e immaginifica insieme.
Attori della storica compagnia del regista Leo de Berardinis, uno dei maggiori esponenti del teatro contemporaneo italiano, i due dirigono dal 1993 la compagnia indipendente "Le Belle Bandiere", abbinando produzioni originali alla ripresa dei testi dei grandi autori, raccogliendo e personalizzando l'eredità del maestro nella propria “regia d'attore”.
Foto: altra scena dello spettacolo © Marco Caselli
Elena Bucci, in particolare, qui dolcissima, disorientata, acuta e ambivalente Shen-Te, è stata insignita di numerosi premi, tra cui il Premio Ubu alla Miglior Attrice nel 2016 e il Premio Hystrio-Anct 2017.
«Gli Dei de "L'anima buona del Sezuan"» - ha dichiarato l'attrice, drammaturga e regista in una recente intervista su Raiplay – «sono quello che noi siamo. Animati dalle buone intenzioni, ma se dobbiamo cambiare il mondo... Come si fa? Chi lo fa? Nooo, ci rispondiamo, è a posto così».
È ingenuo pensare che la bontà possa essere oggi la più resistente e coraggiosa forma di opposizione? Siamo disposti a rileggere il nostro modo di vivere e di rapportarci con gli altri nella vita di tutti i giorni?
Se la bontà pura è impossibile, oltre che poco seducente, è lecito pensare di provare comunque a esercitarla nel fare luce in se stessi?
È a noi, pubblico amato, che Brecht delega come sempre la responsabilità del finale.
Per ulteriori informazioni: bologna.emiliaromagnateatro.com | www.lebellebandiere.it
Lucia Cominoli
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