Sempre indaffarato il nostro Alberto Alberani, responsabile delle cooperative sociali di Legacoop Emilia-Romagna, riesco comunque ad estorcergli questa intervista.
Nella nostra Regione ci sono importanti novità legislative, riguardo la fragilità e vulnerabilità delle persone rispetto al mondo del lavoro, oltre all’avvio concreto della legge sulle cooperative sociali. Ce ne vuoi parlare?
La Legge Regionale dell’Emilia-Romagna 14/15 è una delle azioni concrete più importanti messe in campo dalla Regione nell’ultimo anno, perché va a intercettare un bisogno, quello di tutelare quelle persone che qui vengono definite fragili, vulnerabili. È un nuovo sguardo verso la categoria che è stata colpita dalla crisi e che si è venuta a trovare in una condizione ai limiti della povertà. Tali persone potranno andare a farsi riconoscere, questa è una grande innovazione e una grande sfida, che prevede di mettere insieme in una equipe multidisciplinare gli uffici del lavoro, quelli della sanità e quelli del sociale. Questa legge promuove una nuova figura, una triade composta da soggetti con diverse competenze. È una sfida perché non è detto che questi riescano a dialogare insieme. L’equipe valuterà i bisogni di chi si presenterà a uno dei tre sportelli e ne accompagnerà il percorso di sostegno per il superamento della condizione di fragilità e vulnerabilità.
La Regione ha poi deliberato la creazione di un catalogo di attività da proporre alle persone interessate, che potranno ricevere una forma di accompagnamento: un corso di formazione o un tirocinio formativo o un sostegno al reddito temporaneo. La realizzazione del catalogo delle offerte riguarderà la cooperazione sociale e i soggetti di Terzo Settore che dovranno erogare i servizi, accompagnando le persone lungo questo percorso. La legge dovrà essere attuata all’interno dei 38 distretti socio-sanitari. Sono state messe a disposizione importanti risorse economiche e ogni distretto disporrà di un budget che si aggiungerà alle risorse già esistenti. Infine ricordiamoci che questo governo ha stanziato 800 milioni di euro per contrastare la povertà, quella conclamata. I confini tra povertà, vulnerabilità e fragilità sono mobili e non facilmente identificabili. Pertanto nella nostra Regione oltre al percorso di sostegno della Legge 14, andrà ad aggiungersi quest’azione nazionale di contrasto alla povertà.
Parliamo delle linee guida all’assegnazione delle commesse alle cooperative sociali…
La nuova legge sulla cooperazione sociale prevede la istituzione dell’albo delle cooperative sociali e l’obbligatorietà di presentare un bilancio sociale in Regione da parte di quest’ultime. Questo perché la Regione possa controllare la loro attività, effettuare delle ispezioni, rilevare eventuali attività scorrette. Noi come Commissione Regionale della Cooperazione Sociale abbiamo il compito di attuare la legge regionale sulla cooperazione sociale. Quella dell’albo è stata un’attività, abbiamo poi identificato lo schema tipo di presentazione del bilancio sociale. Si tratta di uno schema tipo leggero ma utile, per capire quante sono le persone svantaggiate che lavorano nelle cooperative sociali di tipo B, il tipo di svantaggio riconosciuto, il volume delle attività lavorative, il tipo di committenza, le tipologie di lavoratori. Insomma alcune domande semplici che consentano alle piccole cooperative di familiarizzare con alcune rendicontazioni molto importanti e che consentano a noi di recuperare alcuni dati, tipo quanti bambini frequentano un asilo nido, quanti sono gli utenti della salute mentale, quanti sono gli educatori o gli operatori socio-sanitari.
Oltre a tutta questa attività molto importante su cui abbiamo lavorato, ci siamo occupati della definizione delle linee guida nel rapporto fra cooperazione sociale e pubblica amministrazione. Il gruppo di lavoro era composto da tecnici dei comuni, cooperatori sociali, dirigenti della Regione degli uffici acquisti, INTERCENTER, politiche sociali, sindacato, esperti vari, un nostro consulente. Alla fine le linee guida sono state licenziate. Esse forniscono a cooperatori sociali e funzionari delle Pubbliche Amministrazioni una lettura corretta e aggiornata di come realizzare rapporti tra pubblica amministrazione e cooperative sociali, anche prevedendo addirittura le formule di aggiudicazione, segnalando l’esistenza di formule camuffate, che teoricamente premiano la qualità dell’offerta, ma in realtà premiano il prezzo, utilizzando meccanismi complessi, da noi indicati come non particolarmente corretti. Il fine è quello di tutelare il più possibile la correttezza nei rapporti. Bisogna sottolineare il fatto che già ad oggi l’80% delle gare d’appalto pubbliche, sono realizzate in modo corretto, escludendo le formule camuffate.
Abbiamo poi indicato bene come valutare il peso da assegnare alle clausole sociali, ma anche come comprendere l’utilizzo di suddette clausole. Quando un’organizzazione si aggiudica un servizio, promettendo l’impiego di persone svantaggiate, disabili, fragili o vulnerabili, poi come rendiconterà questo impatto sociale? Auspichiamo che ora tutti gli enti tengano conto di tali clausole. Calendarizzeremo una serie d’incontri territoriali su base provinciale, di tipo pedagogico, divulgativo dove presenteremo le linee guida aggiornate, consegneremo materiali a funzionari e cooperatori sociali.
Ritorniamo alla legge riguardante la fragilità lavorativa; ritieni che le nostre cooperative debbano pensare a formulare cataloghi di offerta come quello di cui parlavi prima?
La cooperazione sociale deve compiere un gran salto evolutivo, per valorizzare al massimo ogni attività svolta e parlo sia di cooperative di tipo A sia di tipo B. Un’ulteriore attività che oggi la cooperazione svolge in modo innovativo è l’accoglienza riservata ai profughi, dando concreta risposta ai problemi connessi all’immigrazione e dimostrando una grande vitalità. Perché abbiamo professionisti preparati e competenze sviluppate negli anni.
Ora la cooperazione sociale deve rendersi leader nell’aggregare attorno al catalogo e all’offerta, le realtà locali di terzo settore, di volontariato, di parrocchie, di centri sociali autogestiti da un lato; dall’altro imprese, enti di formazione. Diventare cioè protagonista di questi contratti di rete o di associazioni d’imprese che si presenteranno nei 38 distretti, perché ogni distretto organizzerà le proprie gare d’appalto, chiedendo alla rete del proprio territorio di presentare proposte, sulla base dei bisogni che sono stati rilevati. Da un distretto all’altro esistono bisogni differenti, quindi sarà necessario creare una particolare rete locale composta da diversi soggetti che devono essere in grado di fornire una risposta. Qui sta la grande sfida dell’incontro tra volontariato, associazionismo, cooperazione sociale, ma anche parrocchie. Quindi il catalogo va costruito non solo tra cooperative sociali, ma anche con l’inclusione di tutti gli altri soggetti. Perché tutti dovranno lavorare insieme.
Si stanno facendo passi da gigante sul piano legislativo, rispetto al conferimento di commesse a cooperative di tipo B. Ma poi lavorando sul territorio, io noto come non ci sia questo gran desiderio di dare lavoro alle cooperative sociali e che si preferisca un sistema che tuteli il funzionario. Avverto un distacco tra cooperative e Pubblica Amministrazione. Forse bisognerebbe sensibilizzare gli amministratori sulle nostre attività. Che ne pensi?
In questa Regione abbiamo avuto un ruolo marginale come cooperazione di tipo B, anche molto connesso a un’offerta di cooperazione non sociale, che si è posizionata e ha mantenuto importanti mercati e relazioni con le pubbliche amministrazioni a cui ha offerto servizi. Tuttavia noi come cooperazione sociale abbiamo realizzato un fatturato che è molto vicino a quello delle cooperative di servizi. Perché molti comuni hanno compreso il valore aggiunto riguardante non solo lo svolgimento di un lavoro ben fatto, ma anche il coinvolgimento di persone svantaggiate. Oggi siamo di fronte a uno sdoppiamento della cooperazione sociale. Da un lato ci sono i duri e puri storici, radicati sul territorio, con le loro piccole attività di nicchia, con la commessa storica data dal comune di riferimento, che hanno interesse a rimanere nel loro piccolo ambito. E non pensano d’investire su mercati che sono altamente problematici.
Dall’altro lato vi sono gruppi, tra cui Virtual Coop, che esprimono brillantezza, spirito d’innovazione con cui si sforzano di conquistare altri mercati, con l’aiuto di tutti, dal presidente, ai dirigenti, ai lavoratori tutti. E anche il vostro giornale esprime questa qualità di fare cose nuove. Un altro esempio è costituito dalla cooperativa Città Verde che ha investito un milione di euro in un impianto di compostaggio, dove raccogliere e bruciare gli scarti prodotti dalla pulizia degli spazi verdi. Un’altra cooperativa ha provato a realizzare un progetto analogo, ma non vi è riuscita.
Sono tutti scenari importantissimi, in cui tutte le cooperative devono agire in sinergia, per compiere innovazioni importanti per le cooperative di tipo B e convincere le Pubbliche Amministrazioni che non siamo una “robina” a cui dare la borsa lavoro ed è finita lì. No, siamo anche altro! Ma noi una mossa ce la dobbiamo dare. E non capisco perché non realizzare un contratto di rete, un consorzio di cooperative dello stesso settore, una società che preveda investimenti importanti, da Rimini a Piacenza! Ho provato a costruirla ma non ci sono riuscito. Abbiamo enormi potenzialità, ma ognuno continua a fare la sua piccola cosa e fatica a stare nella rete con gli altri. Solo costruendo una rete simile potremo far capire il nostro valore di impresa sociale che realizza investimenti.
Maurizio Cocchi
In Redazione Ugo De Santis