Un aiuto concreto per ritrovarsi come è successo ad Aisha, Ivoriana, che al telefono ha raccontato alla madre della sua prigionia in Libia.
Dice: «con la testa ero lì al villaggio mamma, solo il mio corpo era di quegli uomini». Aisha prega inoltre la madre di fermare le ragazze che vogliono affrontare il suo stesso viaggio, poiché «in Libia è un inferno».
Moussa invece è Maliano, e dopo tre lunghi mesi di silenzio è riuscito finalmente a parlare con la moglie, scoprendo di essere diventato papà.
Gilbert non parlava con suo padre da diversi mesi. Quando ha sentito la sua voce non ha saputo trattenere le lacrime..
Queste sono solo alcune delle storie che stanno dietro alle telefonate dal “TracingBus”, ufficio mobile della Croce Rossa, a bordo del quale rifugiati, richiedenti asilo e persone migranti hanno la possibilità di ristabilire un collegamento con i propri familiari, usufruendo di una telefonata di tre minuti e del supporto di operatori e volontari della Cri. Ogni anno, infatti, migliaia di persone perdono il contatto con i propri familiari a causa di conflitti, calamità naturali o della migrazione.
Croce e Mezzaluna Rossa, avvalendosi della loro rete internazionale, lavorano in tutto il mondo per ripristinare il contatto tra i familiari e offrire assistenza e servizi per il ricongiungimento. Il progetto “TracingBus” è stato ideato dalla Croce Rossa olandese e reso possibile grazie alla collaborazione con Vodafone Olanda.
Il camper è messo a disposizione della consorella Italiana ed è operativo nel nostro Paese dalla fine di gennaio. Ed è già stato nei principali luoghi di transito di migranti della penisola, facendo registrare numeri importanti: fino ad ora sono stati oltre mille i tentativi di collegamento con quasi il 60% di telefonate andate a buon fine.
Dopo Lampedusa, lunedì 6 Marzo il TracingBus è stato nella sede della Croce Rossa Italiana di via Ramazzini, a Roma.
Riccardo Brown Bruni
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