Giovanni Monti in visita alla Virtual coop, ha rilasciato un'approfondita intervista sulla sua organizzazione.
Ravennate d’origine, romagnolo nel sangue, Monti è il Presidente di Legacoop Emilia Romagna.
Come sta Legacoop nella nostra regione?
Abbastanza bene, ci siamo riorganizzati. Come Legacoop da una parte dobbiamo garantire la vicinanza alle cooperative, dall’altra viviamo una situazione di calo dei contributi delle organizzazioni associate. Per fortuna abbiamo settori che rimangono in crescita, come l’agroalimentare, i trasporti, la logistica, la cooperazione sociale. Qui assistiamo a un incremento del fatturato, nell’ordine del 2 – 2,5% negli ultimi quattro anni. Tende ad aumentare con percentuale simile, anche l’occupazione. In merito a quest’ultima perdiamo nella categoria del tempo indeterminato, ma cresce il part-time; anche per questo motivo abbiamo purtroppo stipendi che rischiano di far rientrare lavoratori nella fascia di povertà, chi prende 600 – 700 euro fa fatica ad arrivare a fine mese.
Un altro aspetto riguarda l’ammodernamento e le ristrutturazioni. Per esempio Coop Alleanza 3.0, avendo iniziato ristrutturazioni importanti, ha bisogno di portare a termine il progetto, con la realizzazione di un nuovo piano che la metta a regime; hanno fatto tagli e investimenti, hanno attuato un cambiamento della governance, è stato nominando un Presidente, un Direttore e vanno verso il rinnovo del Consiglio di Amministrazione.
Il Conad si sta sviluppando in maniera significativa, ottenendo risultati importanti.
Nel settore delle costruzioni invece si vive un momento molto difficile, tanto che nei confronti di un’azienda è stata aperta una procedura di concordato in bianco che costituisce una brutta situazione. Bisogna presentare un piano entro due mesi, per evitare la liquidazione coatta. Si tratta della CMC di Ravenna, una delle nostre cooperative più rappresentative, con un miliardo e duecento milioni di fatturato e diecimila persone occupate. C’è stato un problema finanziario, a seguito di un mancato pagamento di alcuni lavori compiuti in Italia e all’estero, che ha causato il peggioramento della posizione finanziaria netta. D’altra parte sono entrate in crisi le principali aziende del settore, che vogliamo pretendere?
Foto: operai edili sul cantiere
Per fortuna sempre nel settore edilizio, abbiamo la CMB di Carpi in sviluppo, la società di capitale a controllo cooperativo SICREA che ha portato a casa lavoro e fatturato dalle cooperative di Modena e Reggio. Completano il quadro una serie di piccole cooperative e consorzi artigiani che reggono bene, poiché presentano elasticità maggiore nella gestione. C’è anche il Consorzio Integra che regge bene. Si è risolta positivamente la vicenda di CPL Concordia, prosciolta in Cassazione dall’accusa di truffa sul fotovoltaico e ora in ripartenza per quanto riguarda il fatturato.
Nei servizi abbiamo Cooperative importanti come Coopservice, Formula Servizi e altre, che vanno bene.
E le Cooperative Sociali come vanno?
Complessivamente hanno aumentato fatturato e lavoro. Anche qui c’è molto lavoro in part time, ma il settore è in sviluppo. Il problema è che dipende per l’80% dal pubblico.
Ma adesso vorrei parlare di un mio progetto che ipotizza l’acquisizione, da parte di cooperative di tipo B, di imprese del territorio in difficoltà per continuare la gestione come coop sociale e creare nuove attività per i nostri ragazzi. Secondo te, abbiamo la forza di realizzare una simile idea?
Il salvataggio di un’azienda attraverso il workers buyout, cioè l’acquisizione di una società effettuata dai dipendenti che si raggruppano in cooperativa, prevede una procedura, per ottenere i contributi pubblici, che stiamo tentando di semplificare, discutendone col Governo. Secondo me è una grande idea.
Ma in direzione del salvataggio di imprese ci siamo già mossi, realizzando due cooperative nuove, a Modena e Imola che stanno funzionando, nonostante provengano da un contesto di fallimenti dovuti al crollo del mercato edilizio. Per farle nascere i lavoratori investono il loro TFR nel progetto, che può essere anticipato anche dall’Inps, poi Coopfond (Fondo Mutualistico Legacoop) interviene raddoppiando la cifra e concedendo finanziamenti. In seguito può intervenire CFI (Cooperazione Finanza Imprese, una finanziaria nata al seguito della legge Marcora). Stiamo sostenendo queste nuove cooperative, anche perché abbiamo un’esperienza decennale in merito.
Immagine: cartellone strategy
Siamo dentro un progetto di sviluppo di promozione cooperativa e cerchiamo di compiere un ragionamento importante sulle cooperative di comunità. Ne abbiamo già un paio. E abbiamo intenzione di sviluppare un progetto, che dovrebbe partire dai quartieri delle grandi città, dove i cittadini si organizzano, diventano soci di una cooperativa di comunità, avente il compito di fornire servizi che abbiano una sostenibilità economica: dal meccanico alla gestione di generi alimentari. Ci stiamo lavorando, ci presentiamo ai comuni per cercare persone che si siedano attorno a un tavolo per guardare alle imprese presenti e discutere progetti di workers buyout o di percorsi che dici tu e vedere quale livello di cooperazione si può fare. Nel senso che bisogna verificare in concreto se la nuova attività ha un mercato, senza fare “poesia” che poi rovina la gente. Su questo stiamo dando un’accelerata. Abbiamo stipulato un accordo con l’ANCI Emilia Romagna per avviare una selezione di comuni e andare avanti.
Più in generale, vogliamo portare avanti un progetto sugli strumenti finanziari e abbiamo compiuto uno studio a livello nazionale. Sosteniamo la promozione cooperativa, la cooperazione di comunità e il workers buyout. Oltre a tutto ciò, abbiamo lanciato tre progetti importanti. Uno riguarda lo studio della rigenerazione urbana, energetica, ingegneristica. Con l’ASPPI abbiamo concordato di individuare due o tre luoghi in cui cominciare a intervenire. Qui siamo ancora agli inizi.
Altro grande tema riguarda la buona governance, che prevede una formazione finalizzata a ottenere consigli di amministrazione, soci, controllori del collegio sindacale, che esprimano un livello qualitativo più alto; l’iniziativa si chiama: “GO COOP”. Si tratta di un progetto di formazione per le cooperative di Legacoop Bologna e coinvolge 300 persone. L’iniziativa serve ad aumentare la competenza dei partecipanti e assegnare precise responsabilità gestionali.
Oltre a questo abbiamo il progetto di partecipazione nell'organizzazione del lavoro, collegato anche ai percorsi di innovazione e robotizzazione. Sul tema abbiamo aperto un laboratorio che coinvolge alcuni professori universitari della Bocconi, che stanno incontrando alcune coop, per verificarne l’operato, rispetto al coinvolgimento dei lavoratori nell'organizzazione del lavoro e della operatività produttiva. L’analisi conclusiva di tale laboratorio, ci consentirà di fornire linee guida a cooperative che siano interessate.
Foto: spighe di grano
Altra attività da mettere in risalto è la cooperazione tra le varie coop, proponendo la creazione di cantieri di lavoro, per creare e migliorare collegamenti tra aziende dell’agroalimentare, della logistica. Abbiamo una catena che va dalla produzione alla distribuzione di beni, che può essere migliorata se capiamo come ottimizzare la movimentazione delle merci, a partire dal Porto di Ravenna, con tutto quello che potrebbe svilupparsi; passando per Bologna, centro fondamentale di smistamento di merci e persone; andando all'area di Parma e Piacenza, collegata alla piattaforma di Milano. La cosa in verità è difficilissima e andiamo a rilento, perché i nostri camionisti non sono abituati a fare gli operatori della logistica. Ma stiamo spingendo per fare incontrare più cooperative appartenenti a diversi settori.
Il processo di unificazione delle tre centrali cooperativa Legacoop, Confcooperative e AGCI, con la costituzione di una grande e unica centrale cooperativa, l’ACI (Associazione delle Cooperative Italiane) sembra essersi bloccato, sai dirci a che punto siamo? Anche perché oggi come oggi la collaborazione tra le cooperative delle tre centrali è diventata abbastanza normale…
È vero. Abbiamo avuto qualche battuta d’arresto, purtroppo durata più di due anni. Adesso però si sta lavorando a una bozza di statuto, di cui si sta discutendo tra Legacoop, Confcooperative, AGCI, per concordarla tutti insieme. Spero che l’Assemblea Nazionale dell’ACI di febbraio porti a sintesi lo statuto dell’organizzazione. In quella sede avverrà il cambio del presidente che la coordina. Se si riesce a costruire un impianto statutario, fissando le regole del gioco, come si eleggono i gruppi dirigenti, ne consegue un atto politico molto forte, che poi potrebbe prevedere sperimentazioni concrete. Significherebbe mettere insieme gli uffici a livello nazionale, riguardanti relazioni sindacali, rapporti con l’Europa, comunicazione. Avviare cioè, all'interno di una nuova organizzazione, alcuni servizi importanti.
Ad onor del vero, bisogna precisare che dalle istituzioni politiche (nazionali ed europee) siamo già percepiti come una realtà unificata, un’alleanza pienamente compiuta. Ma per mantenere in vita l’ACI come entità politica, bisogna realizzare l’ACI come organizzazione esistente a tutti gli effetti, andando oltre personalismi e gelosie. Ora bisogna andare a stringere ed essere concreti.
Dopo il congresso, sarai ancora tu il Presidente di Legacoop regionale?
L’unico a presentare la candidatura, ottenendo un consenso del 99%, sai chi è? Un certo Giovanni Monti…
Maurizio Cocchi
In Redazione Ugo De Santis
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