Da tempo avevo in mente di scrivere un articolo sulla figura di questa Donna. Informarsi sulla sua vita e su cosa ha fatto è un regalo che dobbiamo farci.
Audrey Geraldine Lorde nasce a New York nel 1934, la famiglia vive ad Harlem, chiamata negli anni ’20 ‘la capitale Nera del mondo’. Audre è una ragazzina precoce e ribelle; anche il suo rapporto con la madre sarà pieno di conflitti: 'La poesia è una cosa che ho imparato dalle stranezze di mia madre e dai silenzi di mio padre'. Audre Lorde è un sacco di cose insieme: poetessa, scrittrice, femminista, madre, insegnante. Alla Hunter High School frequenta maggiormente ragazze bianche e si rende conto di essere una Nera in società bianca. Quasi tutte le etichette le vanno strette, sia quelle sul piano lavorativo che sentimentale.
Nel 1963 Audre abbraccia la lotta per i diritti civili dei Neri partecipando alla marcia su Washington, nel 1968 viene chiamata a fare un corso di poesia al Tougaloo College di Jackson, un college frequentato da studenti Neri; esce la sua prima raccolta di poesie, The First Cities e nell’autunno insegna al City College di New York dove inizia un’amicizia duratura con Adrienne Rich.
Nel 1973 esce il terzo libro, From a Land Where Other People Live, in cui era inclusa la poesia 'Love Poem' prima di essere esclusa dall’editore perché celebrava l’amore fisico tra due donne. Il libro sarà nominato per il National Book Award for Poetry del 974 concorrendo con Adrienne Rich che vincerà ex-equo con Allen Ginsberg e leggerà alla premiazione il manifesto femminista scritto con Audre.
Il 1978 è il periodo più creativo, scriverà: 'Uomo bambino: la risposta di una femminista lesbica Nera', 'Graffiare la superficie: appunti sulle barriere tra le donne e l'amore', 'Usi dell'erotico: l'erotico come potere', 'Litania per la sopravvivenza', 'The Black Unicorn'. In seguito scoprirà di avere un nodulo al seno che le verrà diagnosticato come tumore maligno. Nel 1979 termina I Diari del Cancro. Lavorerà insieme al gruppo di femministe lesbiche nere del Combahee River Collective sul tema della violenza contro le donne, attaccando il femminismo bianco accademico, 'Gli strumenti del padrone non smantelleranno la casa del padrone'.
Nel 1991 viene nominata Poeta dello Stato di New York, muore il 17 Novembre 1992 a St. Croix, circondata da donne che le vogliono bene e altre amiche. Audre Lorde spiega bene cos’è il razzismo destrutturando i concetti e le parole, i ruoli sociali, il Credo ideologico di uomini che non si sentono tutti uguali, dove c’è l’oppressore e l’oppresso. Si dovrebbe ripercorrere indietro tutta la trama della propria storia, filo per filo, insanguinato e autoreferenziale, per poi cominciare a cambiare l’intero disegno. Nel riconoscere l'esistenza dell'amore sta la risposta alla disperazione, il lavoro è quel riconoscimento, al quale sono stati dati una voce e un nome.
In questo impegno fisico e morale, quanto spazio deve avere la paura per cambiare il mondo? Quando oso essere potente, usare la mia forza al servizio della mia visione, allora diventa meno importante che io abbia o non abbia paura. L’analisi di Audre non si limita alla condizione nera o omosessuale, anzi, da questa prende spunto per una comprensione della società in generale e più precisamente quella americana: 'L'orrore principale di ogni sistema è quando definisce il bene in termini di profitto invece che in termini di bisogno umano, o che definisce il bisogno umano escludendone le componenti psichiche ed emotive'.
Spiega così il razzismo scarnificando i processi sociali attraverso i quali esterniamo le nostre emozioni nei confronti di chi reputiamo diverso da noi e volontariamente decidiamo di dominarlo. Uno strumento del Grande Bipensiero americano è quello di incolpare la vittima di essere una vittima. Da italiana mi viene subito in mente la bipartizione dell’Italia in Italia del Nord e Italia del Sud. Come fare a non pensare al recentissimo incidente ferroviario tra Andria e Corato? Un solo binario che serviva una zona vastissima. Perché al Sud lo Stato non interviene?
Oggi il meridione soffre di una differenza ingiusta aggravata dalla crisi economica, ma lo si colpevolizza con commenti razzisti dicendo che la colpa è della gente del sud che non ha spirito imprenditoriale, o che non ha voglia di lavorare e corrotta e quant’altro. (Durante i soccorsi ad Andria non si trovavano medici ed infermieri!). Il rifiuto istituzionalizzato della differenza è una necessità assoluta in un'economia basata sul profitto che ha bisogno di outsider come riserva umana. Audre Lorde cerca di trovare delle soluzioni realistiche all’interno delle comunità; bisogna ridefinirsi come donne, come esseri umani, ridefinire le definizioni di potere e nuovi modelli relazionali attraverso il riconoscimento della differenza.
Cosa ce ne facciamo dell’odio? Come contenerlo? Come non farsi travolgere? E quale dovrebbe essere una risposta sensata all’odio? C'è una grande differenza tra questo odio e la nostra rabbia. L'odio è la furia di quelli che non condividono i nostri scopi, e suoi obiettivi sono la morte e la distruzione. La rabbia è il dolore delle distorsioni tra pari, e il suo obiettivo è il cambiamento. La mia risposta al razzismo è la rabbia. Questa rabbia ha creato lacerazioni nella mia vita solo quando è rimasta inespressa, inutile a chiunque.
Io non sono libera finché c'è una donna che non è libera, anche quando le mie catene sono molto diverse dalle sue. E io non sono libera finché una sola persona di colore resta incatenata. Come non lo è nessuna di voi. Mi vengono in mente nomi di altre fantastiche donne: Michela Murgia, Michela Marzano, Angela Putino, filosofe, femministe, scrittrici, fumettiste che con il loro impegno hanno screditato un potere forte e opprimente. Penso pure alle donne mortificate nel corpo e nell’anima, donne incinte nei barconi, donne a cui è stato negato un lavoro o un’istruzione in questo paese fatto per gli uomini. Donne offese, umiliate, sfruttate e perfino uccise. (Avete mai letto i commenti razzisti al ministro Cécyle Kyenge Kashetu sul suo profilo Facebook?).
Poi penso a tutta la violenza che pare senza rimedio, al dolore, ai cambiamenti che verranno comunque, alla voce degli stupidi e di qualche ultrà convinto di portare onore al proprio paese, al silenzio corrotto di questo Stato e alla pazienza della gente perbene che è finita e che ha smesso di sopportare questi livelli di ignoranza senza precedenti, un’ignoranza non solo scolastica, ma di un totale disconoscimento dei sentimenti umani. Penso e spero che domani, un giorno dopo l’altro, sarà meglio di ora.
Emanuela De Siati
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