Il pieno di felicità

© Foto di Vera Roveda

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Il primo romanzo di Cecilia Ghidotti, edito da minimum fax.

«Questo libro nasce da un blog, un’idea della scrittrice milanese Violetta Bellocchio, che ha dato vita al progetto Abbiamo le prove. Storie vere, una donna alla volta, un contenitore che aveva come tratto caratteristico quello di raccontare storie autobiografiche e che ho subito trovato molto interessante e stimolante. Da lì, da quella mia prima partecipazione, è nato tutto».

Così Cecilia Ghidotti introduce il suo romanzo d’esordio, l’autofiction “Il pieno di felicità” (minimum fax, 2019), alla prima presentazione italiana, lo scorso febbraio, alla libreria Trame di Bologna, in dialogo con Massimiliano Colletti, giornalista di Radio Città del Capo.

Un momento molto sentito da tutti i presenti, dalla libraia Nicoletta, che per l’occasione ha indossato un cerchietto con unicorno in omaggio alla copertina, agli amici e ai collaboratori che nella storia di Ghidotti hanno avuto più e meno modo di rileggersi e ricollocarsi in quel complesso e frustrante universo di scelte personali e lavorative costrette che ha coinvolto la generazione dei nati negli anni ’80, da Zerocalcare in poi.

Spunti ironici e riferimenti pop, per restare sulla scia del fumettista di Rebibbia, non mancano neanche nello spaccato offerto dall'autrice, che con una prosa fluida e ritmata ci accompagna nel proprio vissuto autobiografico, a partire dalla provincia di Brescia fino a Coventry, in Inghilterra, passando per l’amata Bologna, Torino e i molti altri scenari che hanno fatto da sfondo al tentativo di sviluppare i suoi talenti principali: lo studio, la ricerca e la scrittura. Territori, certo, che non sono mai stati facili da attraversare e che partono, Ghidotti lo dichiara più volte con lucidità, da un punto di partenza di base privilegiato.

Ciò non toglie che l’iter a cui oggi viene sottoposto un “cervello in fuga” non lascia spazio a sconti, passaggi che la scrittrice cerca qui di analizzare con sguardo acuto, offrendoci con toni solo all'apparenza lievi un piccolo affresco storico e antropologico di un presente in continua evoluzione, un percorso di deviazioni in cui, spesso, non si sa che pesci pigliare.

Il Pieno Di Felicita

Immagine: copertina del libro

A essere rimessa in discussione non è infatti solo la prospettiva di un lavoro fisso ma l’intera idea di un’identità compiuta, fatta anche di affetti, casa e famiglia, parole che sembrano a loro volta assumere nell'incertezza sfumature nuove, mancanze, ma anche occasioni di potenziali e profonde rivoluzioni socioculturali, dal genere, ai ruoli, agli stili di vita.

In tutto questo caos Ghidotti cerca di posizionarsi, dando voce alle storie delle persone care e dei conoscenti a cui lei stessa ha partecipato, rappresentative di risposte e scelte di vita possibili, a cui non vuole dare un giudizio ma che costantemente mette in crisi, di tanto in tanto sentendosi in difetto, nella maggior parte dei casi raccogliendo ciò che al momento le sembra più utile.

Una vera e propria lettura tra le righe è quella che “Il pieno di felicità” lascia in mano al lettore, che accoglie i rischi di un io narrante “egemone” per farsi punto di vista pronto a ripartire da zero, una tensione priva di rancore, volta a spingerci verso una rigenerazione, qualsiasi essa sia. Una spinta sospesa tra memoria e attualità, che sulla pagina trova spazio grazie alla calibrata alternanza di nuclei di invenzione, flashback e l’uso dell’inglese, che mano a mano si fa strada nelle frasi, come nel pensiero, di chi è alle prese con una lingua che non è la sua.

La vita a Convetry, gli effetti della Brexit, le contraddizioni di una gentrification vissuta accanto alla working class, con cui si condivide il presente economico ma non il background, i contesti culturali, dall'Università al mondo dei festival cinematografici e teatrali, fino alle scuole di scrittura e alle case editrici, si fanno così nel romanzo descrizione di una generazione che in realtà non ha mai voluto essere di transizione, ci si è trovata.

“Il pieno di felicità” si legge tutto d’un fiato e, insomma, si può anche riporre alla fine sui propri scaffali con una certa leggerezza, magari riascoltando gli Afterhours. Eppure, alla fine, c’è qualcosa che non torna. Come quell'unicorno in copertina, dai colori arcobaleno e la testa mozzata, o il ricordo, lontano, di una canzoncina dello Zecchino d’oro, “Il pieno di felicità” per l’appunto, ripescata nella memoria dall'autrice, ai tempi della gioia naturale, della luccicante contentezza di fondo.

Quand'è allora che ci siamo distratti? Perché non ci si è parlati? Il “diritto” si può forse rinominare? Domande che restano aperte e solide motivazioni per leggere il libro d’esordio di Cecilia Ghidotti, divertente, intelligente e mai scontato, come una Barbie Antigone.

Segnaliamo ai lettori di BNB che Cecilia Ghidotti è attualmente in tournée in Italia, e che la potete incontrare nei prossimi giorni alla libreria Sinestetica di Roma (giovedì 16 maggio, ore 18:30) e alla Mondadori di Siena (venerdì 17 maggio, ore 18:30).

Per ulteriori informazioni: minimum fax

Lucia Cominoli

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