Curarsi da remoto è possibile grazie ad un'App che mette in contatto medico e paziente.
Mai come adesso è essenziale limitare gli spostamenti e da inizio pandemia è consigliato dalle autorità competenti di ridurre anche gli accessi negli ospedali. Per ovviare a tutto ciò e permettere a chi ha davvero bisogno di fare una visita medica senza necessariamente uscire da casa, alcuni nosocomi si sono attrezzati sfruttando i nuovi assetti tecnologici, attivando il servizio di telemedicina.
Da alcuni giorni, infatti, è partita all’Ospedale Maggiore di Bologna la sperimentazione innovativa applicata in oculistica. L’avvio della telemedicina in campo oculistico fa sperare, che in futuro l’insieme di tecniche mediche e informatiche, che permettono la cura del paziente a distanza, possa essere utilizzata anche in altre prestazioni specialistiche.
La telemedicina coinvolge pazienti, sia bambini che adulti già in cura nell’unità operativa di oculistica, che si sottopongono a controlli sanitari da casa loro, collegandosi attraverso una App da PC, Smartphone e Tablet. Utilizzando una piattaforma tecnologica comunicano con il medico. Ai bambini si fanno controlli della vista da vicino, da lontano, il test per il riconoscimento dei colori, della profondità binoculare, stereopsi e per lo strabismo; mentre l’adulto è soggetto a test per maculopatie e patologie croniche della retina dovute all’età o al diabete.
Immagine: test per la presbiopia
Il Direttore dell’Oculistica del Maggiore, Manlio Nicolini, racconta che la proposta è stata accolta dai partecipanti con entusiasmo anche perché per molti non andare all’Ospedale riduce i rischi di un possibile contagio da Covid-19. Il medico si dice fiero perché i colleghi dell’Ausl di Bologna sono i primi ad offrire il servizio di telemedicina Oftalmologia in Emilia-Romagna.
In un'epoca dove tutto si trasforma, è bene progettare attività in grado di ridurre, accorciare sempre più le distanze. Annullare la distanza per agevolare le persone con problemi di spostamento, offre una possibilità in più a chi è in difficoltà. Trasformare i limiti strutturali con una modalità di accesso diversa capace di mettere in contatto virtualmente con professionisti, significa anche promuovere una maggior condivisione tra pubblico e privato.
«Portare la sanità oculistica nelle case dei pazienti è quindi» come afferma Paolo Bordon, Direttore Generale Ausl, «solo un primo passo che potrà essere esteso in altri campi in settori diversi della medicina e avrà un impatto positivo e innovativo su tutta la rette socio-assistenziale. Il cittadino avrà un ruolo sempre più attivo e collaborativo che gli permetterà di entrare in sintonia con lo specialista.»
Chiara Garavini
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