A Foto/Industria è la volta del cibo

Arte
Tipografia

Fino al 28 novembre 11 mostre in città.

Quando si legge la parola food legata alla fotografia il pensiero corre a Instagram e alle foto di piatti che riempiono i nostri social network. Il cibo però è un sistema complesso che ha un’infinita serie di implicazioni di carattere sociale, culturale, scientifico ma soprattutto economico e politico. Attorno a questo tema così sfaccettato si muove questa quinta edizione appena inaugurata di Foto/Industria, la prima biennale dedicata alla fotografia dell’industria e del lavoro promossa e organizzata dalla Fondazione MAST. La formula è la stessa che abbiamo imparato a conoscere negli anni precedenti: alla mostra allestita negli spazi di via della Speranza 42, sede della fondazione voluta dall’imprenditrice Isabella Seragnoli, se ne aggiungono dieci in altrettante sedi di pregio sparse nel centro di Bologna.

01 ANDO GILARDI Giovani Donne Portano Zucche Sulla Testa

Foto: "Giovani donne portano zucche sulla testa" di Ando Gilardi

«Ogni mostra rappresenta un caso studio sul tema approfondito da ciascun artista» specifica Francesco Zanot, alla seconda direzione artistica di Foto/Industria «possiamo vedere l’evoluzione e il cambiamento dell’industria alimentare e del nostro rapporto con il cibo nell’arco di tempo di circa un secolo». Nel quartier generale della biennale si può vedere un assaggio della Fototeca di Ando Gilardi. Personaggio eclettico e originale, Gilardi ha fondato nel 1959 un archivio contenente circa 500mila immagini di variegata natura. Il MAST ospita una selezione dei suoi reportage realizzati tra gli anni '50 e '60 che ci offrono uno spaccato sulla condizione del lavoro e dei lavoratori della filiera alimentare dell’epoca. Inoltre, la mostra si arricchisce di materiali conservati e rifotografati - tra santini, etichette, scatole di latta e carte delle arance - che esplorano l’iconografia del cibo dal punto di vista del fotografo. Sembrano sculture ma sono cioccolatini gli oggetti che Hans Finsler nel 1928 su commissione ha immortalato nella fabbrica dolciaria tedesca Most. L’opera del fotografo svizzero raccolta nella mostra Schokoladenfabrik organizzata con la Fondazione Rolla si trova a San Giorgio in Poggiale in via Nazario Sauro 20/2. Nel Salone "Mito di Giasone e Medea" di Palazzo Fava in via Manzoni 2 dialoga con l’ambiente circostante Favignana di Herbert List. Sono 41 fotografie scattate nel 1951 dall’allora fotografo dell’agenzia Magnum nell’isola siciliana: il tonno, dalla sua mattanza al processo di lavorazione, diventa protagonista di un’indagine che racconta la vita e la morte anche con toni molto crudi. Nella Sala "Le avventure di Enea" dello stesso palazzo espone Bernard Plossu con Factory of original desires: il fotografo francese si concentra sui dettagli della vita quotidiana e fa di tutto ciò che ruota attorno all’alimentazione l’oggetto della sua ricerca. Laboratory of forms invece è il lavoro di Jan Groover da non perdere al MAMbo Museo d’Arte Moderna in via Don Minzoni 14. L’artista statunitense ha ritratto negli anni 70 gli oggetti della cucina della sua abitazione trattandoli come nature morte di Giorgio Morandi.

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Foto: "Praying Mat Fragments, Pink Soap,
Egg and Coconut Oil" di Lorenzo Vitturi

È molto più recente il lavoro sperimentale di Mishka Henner proposto allo Spazio Carbonesi di Palazzo Zambeccari (via de’ Carbonesi 1). In the belly of the beast si divide in due parti. Da un lato c’è Feedlots, una serie di gigantografie composte di centinaia di scatti di allevamenti di bovini catturate da Google Earth messe in combinazione tra loro mentre Scopes è un montaggio di video di Youtube di animali alle prese con foto e videocamere ingerite. Infine The fertile image è il risultato di oltre 300 immagini generate da un software nutrito dall’artista. Quello di Maurizio Montagna è un progetto realizzato appositamente per Foto/Industria. Fisheye, da visitare alla Collezione di Zoologia dell’Università di Bologna (via Selmi 3), si concentra sui cambiamenti del territorio fluviale della Valsesia. Il metro con cui il fotografo analizza le mutazioni è la relazione con un’antica tecnica di pesca. Palestine Heirloom Seed Library è l’opera di Vivien Sansour allestita a Palazzo Boncompagni (via del Monte 8). L’artista e ambientalista palestinese ha messo insieme agricoltura e storie in un percorso che integra fotografie, video e scrittura. Nella vicina sede della Fondazione del Monte (via delle Donzelle 2) Henk Wildschut ha portato Food, un lavoro commissionato dal Rijksmuseum di Amsterdam tra il 2011 e il 2013: il fotografo presenta una sorta di backstage di quello che mangiamo ogni giorno avendo avuto modo di frequentare il dietro le quinte dell’industria alimentare. Infine al Padiglione dell’Esprit Nouveau in piazza della Costituzione 11 si fa tappa alla mostra di Takashi Homma declinata in due serie. La prima, M, si configura come una rassegna di McDonald’s in diverse parti del mondo con un occhio a differenze e analogie mentre in Trails le tracce di sangue lasciate dai cacciatori di cervi diventano i drammatici segni che spiccano nei sentieri tra le montagne di Hokkaido. 

FOTO/INDUSTRIA, fino al 28 novembre 2021 (tranne Fototeca di Ando Gilardi al MAST fino al 2 gennaio 2022) in varie location cittadine. Ingresso gratuito.
Tutte le info su: www.fotoindustria.it

Giorgia Olivieri

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