La Biblioteca di Anzola Emilia presenta il libro: “A Capo Nord bisogna andare due volte” di Valeria Alpi.
Sarà la Biblioteca di Anzola Emilia, uno dei fiori all’occhiello dell’architettura inclusiva di Bologna e provincia, a ospitare la presentazione del libro A Capo Nord bisogna andare due volte (Edizioni la meridiana, 2019) della giornalista e viaggiatrice con disabilità Valeria Alpi, giovedì 12 maggio, a partire dalle ore 20.30 presso la Sala Polivalente, in Piazza Giovanni XIII.
Uno spazio, quello della Biblioteca Edmondo De Amicis, particolarmente caro all’autrice, che proprio qui ha scritto le pagine del suo primo libro, su cui ora si confronterà insieme al fotografo e viaggiatore in bicicletta Stefano Bortolani, approfondendo così ciò che unisce persone disabili e non quando si viaggia.
Caporedattrice del portale di informazione online sul terzo settore Bandieragialla e ufficio stampa della Coop. Accaparlante, Valeria ha saputo negli anni unire la sua vocazione di narratrice a quella di esploratrice, spingendosi molto oltre le sue stesse aspettative e restituendoci nel suo blog I viaggi di Valerix delle vere e proprie piccole guide, utilissime per spostarsi dentro e fuori i confini dell’Europa a partire dalle proprie condizioni di partenza.
Foto: Valeria Alpi in Norvegia, sulla linea del Circolo Polare Artico
A BNB la giornalista e viaggiatrice racconta ora il suo percorso, accompagnandoci all’interno del suo densissimo libro, invitandoci ad andare a Capo Nord, non una ma ben due volte!
La curiosità, racconti spesso nel libro, è un tratto distintivo di Valerix, motivo per cui viaggi sono sempre stati una tua passione, benché apparentemente irrealizzabili. A quando risale il tuo primo vero viaggio e cosa l’ha reso possibile?
Da piccola vivevo in un paese in campagna nella casa dei miei nonni: avendo difficoltà motorie non potevo fare molto senza l'aiuto di qualcuno, per cui spesso stavo in casa ma mi "incollavo" ai vetri delle finestre ad osservare il mondo fuori. Ancora oggi rimango colpita ad esempio dai dipinti che raffigurano una persona in casa, ritratta di spalle, che guarda fuori dalla finestra. Quando sono cresciuta ho avute alcune possibilità di viaggiare, ma solo con mia madre. Lei, probabilmente per il suo forte senso di protezione, mi impediva di fare esperienze di autonomia ad esempio con gli amici. Alla sua morte, nel 2002, quando avevo 28 anni, ho iniziato a prendere in considerazione l'idea di viaggiare anche senza di lei ma avevo paura. Per un anno non feci nulla, poi provai ad organizzare un piccolo viaggio di appena 5 giorni sulle Dolomiti, ma in una zona che frequentavo sempre con mia madre e in un hotel dove già mi conoscevano. Ero in ansia e pensavo mi sarei annoiata, invece andò tutto talmente bene che 5 giorni mi sembrarono davvero pochi. Cominciai a capire che potevo uscire di casa anche senza mia madre, e questo forse "confortò" i miei amici che iniziarono a propormi dei viaggi insieme. Fino al 2012 feci viaggi con amici, girammo quasi tutta la Francia e parte del Nord Europa, si andava con la mia auto, io guidavo e io organizzavo l'itinerario. Ogni anno mi spingevo a fare sempre più chilometri e vedevo che non era faticoso per me. Così nel 2012 provai a realizzare un sogno che avevo da sempre: visitare la Normandia e la Bretagna, le uniche due regioni di Francia che non avevo ancora visto ma che invece i miei amici avevano già visitato e non erano interessati a tornarci. Decisi che la curiosità di vedere quei luoghi era più forte di una naturale ansia di viaggiare da sola, e quindi per la prima volta stetti via due settimane in un on the road da sola. E anche in quel caso andò tutto talmente bene che capii che non avrei più potuto rinunciare ai viaggi in solitaria. In Normandia e Bretagna scoprii anche un'attenzione all'accessibilità motoria che in Italia era ancora sconosciuta e capii che fuori dai confini si potevano fare avventure alla pari di tanti altri viaggiatori. Oggi per fortuna le cose stanno migliorando tanto anche in Italia.
Da allora, inutile dirlo, molte cose sono per te cambiate, il lungo percorso di vita e personale che citi ti ha portato fino all’estremo Nord e negli USA. Come scegli oggi le tue mete?
Purtroppo non posso sempre andare dove mi piacerebbe, molti luoghi restano per me inaccessibili anche se decidessi di andare con un accompagnatore forzuto. Per i miei viaggi in solitaria scelgo quindi Paesi dove so già che esistono molte facilitazioni per chi ha una disabilità. Poi è tutto un incrocio di dati che posso ricavare online o comunicando con altri viaggiatori o guardando video su YouTube. Studio i luoghi e gli itinerari per molti mesi e parto solo quando so già che troverò monumenti con rampe o ascensori, locali accessibili dove mangiare e soprattutto dove andare in bagno, parcheggi comodi, punti panoramici raggiungibili in auto e non a piedi, sentieri naturalistici adattati, eccetera. Se non sono sicura di farcela scelgo mete da visitare con gli amici. Ogni estate, tra l'altro, devo fare compromessi tra quello che desidero fare e le ferie dei miei amici, perché ogni anno mi si chiede di tenermi qualche giorno libero per viaggiare anche con loro. Di solito si pensa che sia la persona disabile a dovere quasi "supplicare" di avere accompagnatori in vacanza, invece sono i miei amici che spesso mi chiedono di viaggiare insieme perché con me, in viaggio, stanno bene e sanno che organizzo viaggi in cui si scopriranno tante cose.
Foto: Norvegia, Isola di Senja
Che cosa vuol dire, per una persona con disabilità e non, lasciare la propria zona di comfort per avventurarsi verso l’ignoto?
È molto difficile andare verso luoghi che non si conoscono, perché l'imprevisto è sempre dietro l'angolo e anche l'albergo che ti aveva promesso la stanza accessibile magari si rivela un hotel con molte difficoltà. Ad esempio, una sera in Arizona, negli USA, avevo prenotato una stanza con bagno per disabili ma la stanza aveva una vasca e non una doccia a pavimento e per me era inutilizzabile, in una situazione in cui di giorno c'erano 49 gradi centigradi di temperatura e si sudava tantissimo. Ogni estate leggo molti commenti di persone con disabilità che preferiscono restare nella propria casa costruita su misura delle proprie difficoltà piuttosto che rischiare di trovare luoghi poco confortevoli per sé. Lo capisco molto bene ma non dimentichiamoci che tutti, anche i viaggiatori senza disabilità, abbiamo dei limiti quando siamo lontani da casa e da quello che conosciamo. Conosco persone senza disabilità che preferiscono non andare all'estero perché non se la sentono di mangiare cibo diverso dal solito, persone che non riescono a dormire senza il proprio cuscino, persone che sono terrorizzate dall'aereo o che non riescono a stare a lungo in auto o in pullman, persone che sono spaventate dal trovarsi con una lingua straniera, eccetera. Tutti abbiamo dei limiti e i limiti, più che le abilità, ci rendono simili agli altri. Credo inoltre che le persone con disabilità abbiano anche una specie di "dovere": se non usciamo mai di casa non possiamo aspettarci che il mondo si adatti a noi senza conoscerci: occorre uscire, sperimentare, a volte restare delusi o arrabbiati, far capire al mondo esterno le nostre esigenze, cosa ci serve davvero, e mostrare che non solo viaggiare è un diritto per tutti ma che chi ha una disabilità produce valore economico e consuma come chiunque altro.
Raggiungendo per ben due volte Capo Nord hai accumulato un bagaglio di avventure, incontri ed esperienze che ti hanno permesso di acquisire ulteriore fiducia in te e negli altri. Vuoi raccontarci qualche episodio? Che cos’è l’accessibilità relazionale di cui parli nel libro?
Quando viaggio incontro i miei limiti, ne ho conferma di alcuni che già conoscevo o ne scopro di nuovi, ma ritrovo anche risorse che nella vita quotidiana magari non uso, oppure scopro risorse che mai avrei pensato di avere. Sicuramente ho imparato che non sono un peso come credevo. Ho trascorso decenni a pensare che la mia disabilità fosse un peso per gli altri e che aiutarmi costasse un grande sforzo fisico alle persone, per cui non mi fidavo dell'aiuto degli altri, pensavo sia che non avrebbero saputo aiutarmi nel modo giusto sia che avrebbero fatto troppa fatica. Ma nel tempo ho imparato a chiedere aiuto e a spiegare meglio come dovevo essere aiutata. L'autonomia non è solo fare qualcosa da soli, è anche sapere quando, come e perché chiedere rinforzi. A volte ho bisogno di un aiuto davvero di pochi secondi, come portarmi il vassoio dalla cassa al tavolo al self service dell'autogrill: le persone lo fanno volentieri se lo chiedo.
Non dimenticherò mai una signora turca, a Istanbul, che mi aiutò a uscire dal tram sana e salva. Era un sabato sera, ero con due amiche ed era la nostra ultima sera in città. Avevamo deciso di stare fuori fino a tardi ma non avevamo calcolato che prendere l’ultima corsa del tram, di sabato sera, in una città con 15 milioni di abitanti, avrebbe potuto trasformarsi in una delle esperienze più pericolose della nostra vita. Nel giro di un paio di fermate la situazione diventò ingestibile: sul tram era entrata ormai troppa gente, non ci stava più nessuno, l’autista scese a tirare di peso delle persone fuori dal tram perché le porte non si chiudevano più. Mi ritrovai avvolta dalle persone in ogni centimetro quadrato, le mie amiche erano sparite, trasportate dalla folla in altre parti di tram. A un certo punto sentii all’altoparlante il nome della mia fermata e lo ripetei ad alta voce: una signora, seduta di fronte a me, capì che dovevo scendere e iniziò a urlare come una pazza facendo gesti per far capire a tutti che dovevo scendere alla fermata successiva. Quando si aprirono le porte non riuscivo comunque a passare, e la signora urlò di nuovo finché non mi ritrovai sulla banchina del tram. Mi resi conto che non avevo più il mio bastone, evidentemente rimasto incastrato tra le persone. Ma la signora turca se ne accorse, trovò il bastone, abbassò il finestrino del tram e me lo passò mentre il tram stava ripartendo. L'accessibilità relazione è proprio questa, sono le persone che fanno la differenza. A volte preferisco luoghi meno accessibili, come ad esempio la Sicilia, ma con persone disposte ad aiutarti in tutti i modi possibili, piuttosto che il mondo perfettamente accessibile della Scandinavia, dove però le persone sono poco interessate ad entrare in relazione e tu ti ritrovi con la rampa per entrare al self service ma senza nessuno che ti porti il vassoio.
Foto: Campeggio a Pello, Lapponia-finlandese, con rampa per disabili
Oltre ad essere autrice di un blog dedicato alle tue mete, durante i viaggi più recenti hai reso partecipi i tuoi follower di spostamenti, location, immagini, aggiornandoli su Facebook ma anche tramite video YouTube in cui offri una panoramica completa di quello che potrebbero trovare in loco. Da dove nasce l’esigenza di narrare e condividere così da vicino le tue tappe?
Anche se adoro viaggiare in solitaria, resto pur sempre un animale sociale, come diceva Aristotele. Per cui anch'io ho bisogno della condivisione con gli altri, con chi è rimasto a casa, con chi sogna lo stesso viaggio che sto facendo, con gli amici che sono preoccupati che non mi succeda nulla di grave. Mi piace unire viaggiatori disabili e non disabili: mostro quello che mi sta capitando e quello che ho intorno perché spero possa essere utile ad altri. Se parlo di un luogo accessibile spero che qualcuno con difficoltà motorie possa approfittarne per capire se è un luogo adatto alla propria disabilità (non dico mai "questo luogo è accessibile", semplicemente lo racconto e ognuno in base ai propri deficit potrà valutare se è accessibile anche a se stesso oppure no). Mi piace però mostrare anche luoghi che interessano a tutti, perché anche chi ha una disabilità può fornire consigli di viaggio a chi è totalmente estraneo dal mondo della disabilità. Anzi, per quanto riguarda Capo Nord, al ritorno dai miei viaggi sono stata letteralmente travolta da domande di viaggiatori non disabili, che volevano sapere tutto sulle strade, sulle condizioni atmosferiche, sui prezzi della benzina, e tanto altro. Tutte informazioni che potevo tranquillamente fornire anch'io. Inoltre mi piace mostrare foto o video realizzati comunque con una disabilità motoria, quindi con poco equilibrio e con una mano sempre occupata dal bastone cui mi appoggio. E spesso, immodestia permettendo, mi vengono anche delle belle foto!
Lucia Cominoli
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