Intervista a Daniele Ravaglia – Presidente di Confcooperative Bologna.
Mascherina in viso, in Viale Aldo Moro, sede regionale di Confcooperative, incontriamo il Presidente fresco fresco di elezione.
Come si trova con questo suo nuovo incarico?
Attualmente ricopro due incarichi, entrambi importanti: sono Direttore Generale di Emil Banca; però ho un’anima cooperativa e sono innamorato della cooperazione e quando mi è stato proposto questo ruolo ho avuto un attimo di sorpresa, ma poi ho capito di essere stato scelto perché sono talmente dentro al mondo cooperativo, da avercelo nell’anima e che l’esperienza tecnica da me maturata fino a oggi in Banca, può essere utile nella cooperazione. Ho assunto questo incarico di recente e ho subito cominciato a guardarmi intorno, per cercare di capire cosa posso fare. Qualche idea chiara ce l’ho e come ho detto il giorno dell’Assemblea, punto su tre cose.
La prima riguarda la comunicazione, poiché penso che la cooperazione in quanto tale, non sia percepita nella giusta maniera, nel valore che può dare alla società. Spesso si parla di mondo cooperativo in modo negativo o come di una organizzazione vecchia e superata, ma io penso che sia la forma più moderna in assoluto, perché modello societario che garantisce lo sviluppo. Le Cooperative sono Imprese e come tali devono agire, ma realizzano anche la coesione sociale e il valore della relazione delle persone. E questo non è assolutamente percepito.
Abbiamo diverse iniziative che mirano alla costituzione di neo Cooperative. Quando si pensa a una Start Up, si pensa subito a una SRL e mai a una Cooperativa, che invece può essere la soluzione, ma la forma Cooperativa oggi mi pare bistrattata nell’immaginario collettivo. Quindi per prima cosa mi pongo il problema di comunicare.
Foto: Daniele Ravaglia in primo piano
Poi quello di formare, poiché sta finendo la generazione dei veri cooperatori e le nuove classi sono meno orientate al pensiero cooperativo. Quindi bisogna istituire una scuola di formazione. E poi c’è il diritto all’uguaglianza, lo vedo da un punto di vista bancario, dove c’è una divaricazione crescente tra chi sta bene e chi sta male, mostruosa! Già negli anni scorsi si assisteva all’aumento dell’ingiustizia sociale, ma oggi sono sempre più i deboli a soffrire. Le banche sono piene di soldi, ma non appartengono a tutti, poiché sono solo quelli che stanno bene che continuano ad accumulare!
E però anche a investire meno…
I depositari di Emil Banca sopra i 250 mila euro sono cresciuti in maniera esponenziale, quelli sotto i 30 mila euro perdono. Oggi le classi che riuscivano a sopravvivere stanno andando verso il burrone! E quelli che non hanno reddito sono sempre di più. C’è sempre più una divaricazione di ricchezza mostruosa che bisogna combattere. Ho fatto in luglio l’Assemblea in Banca e un Socio, a un certo punto, mi ha chiesto se il compenso del Direttore Generale di Emil Banca è superiore di 200 volte allo stipendio dell’ultimo impiegato! 200 volte! Tu lo vai a chiedere a un Dirigente di Alitalia e non a me, se no vuol dire che di cooperativa non hai capito niente, perché se io prendessi un emolumento anche 50 volte maggiore, io mi dovrei sparare! Non può esistere una cosa così, eppure mi è stata rivolta una domanda simile, che dà l’idea di una percezione errata del nostro mondo.
Quindi queste sono le tre cose su cui intendo impegnarmi: informazione, formazione e giustizia sociale.
Anch’io sono affezionato alla cooperazione, ma a volte mi fa arrabbiare, perché è troppo piccola. Quando si è trattato di conquistare grosse fette dell’industria italiana, siamo riusciti a recuperare alcune fabbrichette…
Vero, perché c’è l’idea che la cooperazione deve essere piccola, ma non è così che deve andare. Quando feci la fusione con la Banca Rurale di Loiano e mettemmo insieme due sedi, i Soci di quel territorio erano furenti, dicevano: “ci porti via la Banca!”; io da lì poi ho fatto 7 fusioni. Ma se io vado in quei posti, vedo filiali fiorenti, piene di clienti con molti Soci: è la strategia che mi fa essere locale e rimanere vicino ai Soci, alla comunità. Non è la dimensione, che il più delle volte è penalizzante, in quanto non hai risorse e dalla miseria non si distribuisce niente. E quindi bisogna aggregarsi, è l’unica strada, che ci piaccia o no. Bisogna accentrare i servizi. Ci muoviamo in un mercato difficile, in cui i nostri competitori sono molto agguerriti.
Foto: i tre Vicepresidenti di Confcooperative ER
Poi se parliamo del discorso dell’Alleanza delle Cooperative è un altro film! Si parla, si parla, ma non si è ancora fatta. Che senso ha oggi distinguerci da un punto di vista ideologico. Ma andate a chiedere a un Socio di Cooperativa se gli interessa più l’orientamento politico o di prendere lo stipendio a fine mese, di non perdere il lavoro e avere una remunerazione adeguata! Queste sono le questioni prioritarie, poi viene l’appartenenza ideale. L’Alleanza va fatta assolutamente.
Se si parla di uguaglianza, abbiamo tutte le possibilità di metterci d’accordo, perché lo scopo è quello…
Dobbiamo farlo, non abbiamo alternative. O diventiamo più forti e ci facciamo rispettare o non saremo. La competizione internazionale ti schiaccia, se non hai la forza di resistere. In questo periodo si è potuta capire l’importanza della cooperazione, per avere strutture organizzate che pensino alle persone e non solo all’utile finale. Ma ci vuole anche coerenza. Giovedì ero alla Festa dell’Unità, a un convegno dove si parlava di finanza e coi miei discorsi ho scandalizzato un po’. Ho fatto un esempio chiaro sulla coerenza: noi non possiamo lavorare con chi ci pare, perché non tutte le società con cui entriamo in affari fanno come le banche cooperative, che lasciano la ricchezza lì dove è stata prodotta.
E mi spiego: ho letto su un giornale di sinistra l’esaltazione del piano industriale di Unicredit, che prevede un forte incremento della propria attività, con l’obiettivo scritto di fare, a fine triennio, 5 miliardi di utile netto! Ma chiedigli dove vanno a finire quei soldi; intanto i miliardi li fanno con 25 mila licenziamenti che paga l’INPS. E i soldi volete sapere dove vanno per il 96%? All’estero! Scrivetelo! Ai fondi pensione americani, ai paesi arabi che sono in gran parte stati canaglia, a qualche sceicco. E il 4% resta in Italia! 5 miliardi! E noi stiamo a dire che queste cose vanno bene?
Torniamo alle Start Up che non scelgono la strada cooperativa; per me lo fanno perché i ragazzi voglio ottenere un gran successo per poi vendere, mentre la cooperazione pensa al futuro
Però dobbiamo educarli ad apprezzare quei principi caratteristici del nostro mondo. E poi noi abbiamo avviato come banca centinaia di rapporti con Start Up, poiché la Regione Emilia-Romagna ha una convenzione con noi e ce le manda, in particolare quelle innovative. Però sono 8 su 10 quelle che falliscono! Quindi neanche ci arrivano a venderle. Ma se fai una Start Up Cooperativa, hai intorno un cuscinetto che ti aiuta in caso di difficoltà, un mondo che ti segue, ti fornisce suggerimenti e anche un contributo, un fondo sviluppo, insomma un sistema che ti offre una mano.
Quando ero giovane, si sceglieva la cooperazione per un motivo ideologico…
Allora più che ideologico era partitico. Oggi chi sceglie la Cooperativa fa una scelta di vita, che significa non sfruttare l’ambiente, lavorare per l’unità, per gli altri, per i propri figli. Perché il capitale lo metti a disposizione di tutti. Intendiamoci, anche questo è ideologico, ma è più trasversale e non partitico puro. Hai Lega, Confcooperative e AGC. Ma non va più bene questo approccio.
Foto: da sinistra Daniele Ravaglia e Daniele Passini
Che fare per incentivare la cooperazione, in un quadro di correttezza economica e sociale?
Bisogna che la Pubblica Amministrazione sia trasparente. Quando fai le gare d’appalto, dove la componente dell’appalto è il lavoro, non puoi andare al massimo ribasso, non lo puoi fare! Questa cosa è stata percepita abbastanza dalla politica, ma poi salta fuori qualche regoletta che annulla le buone intenzioni e alla fine vai al massimo ribasso sul lavoro, quando noi sosteniamo che non bisogna sfruttare le persone. Il pubblico conta molto, moltissimo in questi casi. Le cooperative, nella maggioranza dei casi, forniscono servizi alle persone e debbono farlo al massimo ribasso. Roba allucinante. E anche qui bisogna fare formazione ai professionisti, ai dirigenti, che pensano di essere bravi perché riducono i costi, quando magari l’Assessore non vorrebbe. Ma il dirigente lo fa.
Uno dei problemi che s’incontra quando si va a parlare con le Imprese, è che considerano la cooperazione come intermediatore di manodopera, soprattutto nel settore facchinaggio. Abbiamo presentato la Legge contro le Cooperative spurie e va bene, però un’occhiata sull’intermediazione di manodopera, da parte dei Revisori, andrebbe data.
Sicuro. Ma quante organizzazioni spurie hanno aderito alle organizzazioni e noi le abbiamo prese perché ci pagavano i contributi. È il discorso di prima, ci vuole coerenza, devi esser libero per fare questa scelta. Possibile che nessuno si sia accorto che tra i propri associati erano presenti Cooperative spurie? E se li denunci ti costa, ti costa economicamente! Ma dev’essere fatto.
Riguardo al problema dell’Alleanza delle Cooperative, cosa si può fare per uscire dallo stallo attuale?
Bisogna farla, io ho detto che Confcooperative Bologna è pronta ad andare avanti in modo sostanziale. Noi abbiamo l’esperienza positiva di Imola, che è forse l’unico posto in cui si è concretizzata l’Alleanza e funziona benissimo. Il mio Vicepresidente vicario Dal Pozzo è il Presidente alleato di Imola e non abbiamo contrapposizioni di nessun genere.
Si dice che c’è una difficoltà delle figure apicali a rinunciare ai rapporti che hanno sul territorio.
Sicuro. E allora? Dovranno rinunciare. Da due Presidenti ne fai uno, da due Direttori ne fai uno e così via. A Bologna è facile, c’è un Presidente, che sono io, che non ha problemi, in Lega non hai Direttore, perché è andato via, altro problema risolto. Va fatta e penso che anche la Rita Ghedini sia orientata in tal senso.
È possibile farlo a livello locale e non nazionale? Come Lega abbiamo confermato il Presidente attuale che vorrebbe smettere…
O parte dal basso o dall’alto non parte. Facciamo strutture insieme.
A proposito, un Consorzio di Lega voleva aderire a Confcooperative, ma quest’ultima gli ha chiesto una contribuzione piena. È un Consorzio che ha fatturato molto, ma ha pochissimo margine, potete aiutarlo?
Sono apertissimo. Può aderire a tutte e tre le organizzazioni cooperative. Si può pensare a un contributo quasi simbolico. Ma che senso ha fare un parametro tra la contribuzione ed il fatturato? Alcuni pagano troppo, l’ho visto qui da me.
Maurizio Cocchi
In Redazione Ugo De Santis