Tornelli e ritornelli

Editoriali
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Aveva ragione Carlo Marx, quando affermava che la storia si ripete ma sotto forma di farsa.

Ho dovuto ricorrere a Wikipedia per ricordarmi quale fosse l’origine dei fatti del 1977, occupazioni, sampietrini e bottiglie Molotov contro la polizia, blindati della celere, uccisione di Francesco Lorusso. Tutto questo perché, cito da Wikipedia: “Intorno alle 10:00 dell'11 marzo 1977 a Bologna, il movimento di Comunione e Liberazione (CL) indisse un'assemblea in un'aula presso l'università, cui presenziarono circa 400 persone. Alcuni studenti della facoltà di medicina, attivisti della sinistra extraparlamentare, tentarono di entrare nell'aula dove si svolgeva la riunione, ma furono violentemente respinti dal servizio d'ordine di CL.”

Ecco, tutto cominciò da qui, da un futile motivo, che non solo ci sembra tale, ma lo è proprio. Certo, queste futilità si inseriscono in contesti pieni di situazioni problematiche, di rabbie neanche tanto nascoste, di attese deluse, di un male di vivere radicato e talora dirompente. Ciò non toglie che i tornelli alla biblioteca di scienze umanistiche, sono e restano un futile motivo. Allora, mi domando: perché tante persone, che pure hanno o hanno avuto un ruolo importante a Bologna, passano il loro tempo sui social a disquisire e a lambiccarsi le meningi sui tornelli, si o no, se lo schieramento di polizia era troppo o poco imponente e via andando su fatti immediati e marginali.

Proviamo ad andare oltre la cronaca e cominciamo a farci qualche domanda, di quelle antipatiche, di quelle che di solito si risponde con una impotente alzata di spalle o con un altrettanto inutile “Io li metterei tutti in galera”. I lavoratori dell’Università hanno o no diritto a lavorare in un ambiente salubre e sicuro? Docenti e personale ausiliario hanno diritto a veder applicato D.Lgs 81/2008 sul loro luogo di lavoro? Se rispondete sì, copiate ed incollate su Facebook.
Scherzi a parte, non si dovrebbe tollerare la sregolatezza e l’insipienza di qualcuno, sicuramente pochi, a discapito di molti lavoratori e dei molti studenti, che peraltro cominciano ad averne le scatole piene.

In molti luoghi pubblici, vedi Regione, ma anche in molte grandi imprese, si viene identificati prima di entrare. Perché non fare la stessa cosa con l’Università, magari cominciando dai luoghi dove ci sono documenti, materiali e attrezzature di valore e utili alla didattica? Uno dei mali del nostro ateneo, ma forse di tutte le università, sono gli studenti eternamente fuori corso. Perché non stabilire un tetto massimo ai fuori corso, che posso dire 2-3 anni, e poi espellere lo studente evidentemente non idoneo?

Mi si dirà che sono un vecchio insensibile alle problematiche giovanili, state sereni: ero così anche da giovane, e non per questo mi sento di destra o men che meno neofascista. Tollerare comportamenti sbagliati, al limite o oltre la legge, non aiuta chi è in difficoltà, semplicemente lo si lascia cuocere nel suo brodo e la solidarietà può trasformarsi in menefreghismo. Per questo non capisco perché i tanti studenti, che sputano sangue ogni giorno sui libri, spesso faticando a mettere insieme il pranzo con la cena, non comincino ad isolare quella cinquantina di tossici puzzolenti che infestano con i loro cani la zona universitaria.

Il rispetto delle regole, scritte o di buon senso, il rigore nei comportamenti, l’impegno lavorativo, il rispetto per gli altri, questo può forse aiutare i giovani, non un lassismo peloso ed impotente.

Maurizio Cocchi

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