Un viaggio in città con il corpo a cura di Fabio Fornasari in dialogo con Gruppo Elettrogeno Teatro. Martedì 24 settembre alla Certosa di Bologna.
«La città ha le sue memorie che con il tempo prendono corpo in ciascuno di noi, si incorporano creando una geografia che ci portiamo dietro e che in qualsiasi momento può trasformarsi in racconto».
Così Fabio Fornasari, artista, architetto e direttore artistico del Museo Tolomeo, introduce la performance La storia addosso. Viaggio in città con il corpo, con cui martedì 24 settembre alle ore 20:30 ci inviterà, nello splendido scenario del Pantheon della Certosa, a ridisegnare mappe e storie della città di Bologna.
Insieme a lui Gruppo Elettrogeno Teatro, gli attori non vedenti, vedenti e ipovedenti di Orbitateatro e l'ensemble musicale Josquin Friends, che affiancheranno la narrazione corporea nel dialogo con il pubblico e le differenti predisposizioni sensoriali.
Foto: Fabio Fornasari
Un viaggio poetico e rigoroso con cui scopriremo fin dal principio che strade e vene condividono percorsi, attraverso un racconto che gioca tra le potenzialità delle storie e quelle del corpo.
Ecco allora i richiami a canali-teste, fiumi-braccia e fontane-cuore, associazioni che sembrano spontanee ma che sono in realtà il frutto di una profonda indagine sulle origini della geografia della città, intrapresa da Fornasari nei primi anni ’90.
Dalla fondazione etrusca, all'epoca romana e alla cristianità medievale, fino al confronto con il De Vulgari Eloquentia di Dante, numerosissime restano le fonti a cui, ancora oggi, è possibile attingere per ripercorrere l’evoluzione del tessuto urbano del capoluogo emiliano.
Lo studio, che spazia tra memoria e racconto, simbolismo ed estetica non visiva, fu spinto da un confronto tra l’artista e Maurizio Giuffredi, allora docente all'Accademia di Belle Arti di Bologna, e diede vita alla prima guida audio-tattile sulla città, La croce e il ventaglio, riferimento fondamentale anche dell’attuale perfomance.
Abbiamo chiesto ora a Fabio Fornasari di raccontarci meglio che cos'è oggi per lui La storia addosso, proprio a partire da quel primo esperimento e come è possibile per chi non vede perfezionare, nel linguaggio della sintesi, movimenti e percezioni di ciascuno, una modalità e un approccio da sempre propri del Museo Tolomeo.
Foto: Certosa del fotografo Daviddi
Una croce e un ventaglio, due simboli, una sola città, da dove derivano?
La croce e il ventaglio nasce e si sviluppa all'interno di un approccio che al Museo Tolomeo abbiamo sviluppato negli anni ma che li ha sempre contraddistinto, ovvero l’idea di andare a trovare quelli che sono gli elementi simbolici di base, caratteristiche e archetipi di varie situazioni in relazione a significati più complessi. Lavorare sulla forma urbana di una città significa quindi lavorare su quegli oggetti che non sono solo formalmente visibili e riconoscibili ma anche portatori di significati e per questo simboli. Indubbiamente per la città di Bologna la croce che è anche nello scudo è fondamentale perché è il punto di partenza della Bologna che conosciamo oggi, che non è l’evoluzione di quella etrusca ma è la rifondazione romana.
Il ventaglio invece si riferisce all'accrescimento medievale, il rilancio economico della città e via dicendo. A questo primo discorso, avviato da me negli anni ’90, si è andato poi ad agganciare la ricerca successiva che abbiamo fatto come Museo Tolomeo in cui abbiamo rintracciato altri simboli che posso rientrare all'interno del corpo. Così abbiamo sviluppato una narrazione che tramite il corpo va a recuperare e contenere una serie di significati “semplificati”. Non è tuttavia un problema di qualità. In genere si vive il semplificare qualcosa come una privazione di significato, in realtà non c’è nessuna falsificazione né perdita drammatica, vuol dire solo agganciare al corpo dei significati che puoi già possedere o no. Se non li possiedi li puoi acquisire sul momento e incuriosirti.
Io stesso dunque diventerò all'interno della performance un segnale della narrazione che tu puoi leggere per poi andare ad approfondire altrove, senza il bisogno di prendere appunti. Il corpo stesso diventa portatore di significati e non solo di vita. I non vedenti d'altronde riducono abitualmente la complessità in una parola chiave che contiene anche il significato di quell'oggetto, una modalità tipica, almeno per l’Istituto dei Ciechi F. Cavazza di Bologna.
Foto: Pantheon di Paolo Vegetti
Che cos’è l’estetica non visiva?
L’estetica del non-visivo tenta invece di uscire dalla dimensione del tattile, per legarsi a tutto ciò che non utilizza una dimensione non visiva, che non ha bisogno dello sguardo ma di qualcosa d’altro, dell’acustico, del concettuale per esempio, linguaggi che possono convivere e coesistere come no. Un artista non visivo per esempio è Josef Kosuth, concettuale, noto per la sua opera Una, due, tre sedie, in cui riflette nel rapporto reciproco tra parole e immagini sull'utilizzo reale degli oggetti, oppure Cesare Pietroiusti che ha prodotto lavori eventualisti, nati nell'ambito della psichiatria. Pietroiusti agisce spesso per domande, una per tutte quella che rivolge al pubblico dopo aver masticato e digerito 500 euro: li vuoi ancora? Un lavoro a tutti gli effetti non visivo ma estremamente divertente e potente, proprio grazie a quel processo che non si vede.
"La storia addosso" è una perfomance accessibile anche a persone con disabilità motoria, sensoriale e/o cognitiva e conclude idealmente il percorso di animazioni ed eventi accessibili per Estate in Certosa 2019 a cura di Coop. Accaparlante in collaborazione con Istituto dei ciechi Francesco Cavazza e Fondazione Gualandi A Favore Dei Sordi.
Ingresso 10,00 €, 2,00 € devoluti per il restauro della Certosa. I possessori Card Musei Bologna riceveranno un omaggio. Prenotazione obbligatoria a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Per ulteriori informazioni: www.bolognaestate.it
Lucia Cominoli
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