Fino al 27 maggio, a Palazzo Pallavicini, gli scatti della bambinaia fotografa.
Chi pensa che questo proliferare di immagini scattate compulsivamente sia un fenomeno recente dovuto ai social, forse non conosce Vivian Maier. È una storia ricca di fascino, a tratti disturbante e senza lieto fine (almeno per lei) quella della fotografa americana diventata celebre nell'ultimo decennio.
A lei è stato dedicato un documentario candidato agli Oscar nel 2015 ma, soprattutto, volumi e esposizioni che portano in giro per il mondo gli scatti della misteriosa bambinaia con la Rolleiflex al collo: la mostra “Vivian Maier” è arrivata da qualche giorno a Bologna a Palazzo Pallavicini per restarvi fino al 27 maggio. Sono 120 le fotografie scattate tra gli anni ’50 e ’70 scelte dalla curatrice Anne Morin di DiChroma Photography suddivise in sezioni che provano a fornire qualche tassello al puzzle incompiuto della vita della Maier.
Foto: Vivian Maier la baby sitter fotografa
Di lei appunto poco si sa, se non che il padre era di origine austro-ungarica e la madre francese. I genitori si separarono nel 1929 quando Vivian ha appena tre anni: la piccola andrà a vivere con la madre a casa di un’amica fotografa e pare che proprio lì cominciò ad appassionarsi del mondo visto attraverso la fotocamera. Il suo mestiere tuttavia fu per tutta la vita quello della baby sitter a servizio in varie famiglie a New York e Chicago ma nel tempo libero, la Maier prendeva la sua macchina fotografica e scattava senza sosta tutto quello che vedeva attorno a sé.
Pioniera della street photography, amava immortalare gli ultimi, i poveri ritraendoli nella loro vita ordinaria andandone a scovare la bellezza e l’umanità. Non disdegna le foto alle persone dei ceti più elevati ma ne cattura sempre l’aspetto più arrogante, sicuro, il suo occhio è meno indulgente nei confronti di quelle vite così distanti dalla sua. Era ossessionata dallo scatto: per lei l’importante era il gesto del fotografare non tanto quello di vedere ciò che aveva impressionato sulla pellicola. Sono 120mila le immagini ritrovate, alcuni rullini non sono mai stati neanche sviluppati e chissà quanto materiale è andato perso e disperso.
Se ora invece conosciamo l’opera di questa artista inconsapevole lo dobbiamo a una casualità, un colpo di fortuna forse. John Maloof, il figlio di un rigattiere, nel 2007 acquistò all’asta l’intero contenuto di un box pieno zeppo di qualsiasi cosa per soli 380 dollari. Tra vestiti, scarpe, bollette e giornali trovò anche questo tesoro che cominciò a diffondere attraverso Flickr e siti per collezionisti. Qualcuno notò che quelle foto erano tutt'altro che banali e quindi si cominciò a scavare nei meandri della vita misteriosa di questa singolare Mary Poppins che morì nel 2009 in disgrazia senza sapere del suo successo.
«Io mi fotografo per trovare il mio posto del mondo» dice la voce della Maier in un nastro. Animata dal forte desiderio di uscire dall'anonimato, ha vissuto nell'ombra tutta la vita regalandoci anche una ricca serie di autoritratti in cui inseriva nell'ambiente che fotografava la sua figura. Nulla sfuggiva al suo interesse, sia le architetture, le forme e le geometrie delle città in cui viveva sia i volti dei bambini denotando un interesse per l’infanzia anche al di là della sua professione.
Foto: bimbi per le strade di New York
Le foto non sono solo in bianco e nero: c’è una sezione dove vedere le sue sperimentazioni con il colore compiute con la sua Leica. Un cambiamento che le permetterà di cambiare il suo sguardo nel mondo, ritraendo il prossimo alla stessa altezza del loro sguardo. Da quello che si sa, Vivian Maier era una persona molto sola e schiva.
La sua compagnia erano le persone che incontrava con in giro con la macchina al collo. Il suo era un linguaggio che non passava dalle parole ma dalla distanza ravvicinata che metteva tra lei e il suo soggetto. Il metro era il click della macchina fotografica senza un social a cui affidare lo scatto. Estremamente moderna senza saperlo. Sarà per questo che Vivian Maier ci piace così tanto e non vediamo l’ora di saperne sempre di più.
Vivian Maier a Palazzo Pallavicini in Via S. Felice, 24 a Bologna. Ingresso 13 euro
Tutte le info su: orari, agevolazioni e visite guidate al sito https://www.palazzopallavicini.com
Giorgia Olivieri
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