Il serpente di fuoco (The trip)

Cinema
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Recensione
Film - manifesto dell’era psichedelica degli anni ’60, cui ne seguirono altri sullo stesso filone.

Un regista pubblicitario (Peter Fonda) va in crisi allorché scopre il tradimento della moglie (Susan Strasberg). Per ritrovare sé stesso decide di compiere per la prima volta il viaggio (trip) con l’acido lisergico (LSD). Entra in una comune hippy, dove il gestore (Dennis Hopper) gli offre l’erba: conosce una ragazza (Salli Sachse), con la quale poi avrà un appassionato rapporto; ma intanto, introdotto da una sorta di maestro di cerimonie (Bruce Dern), assume l’LSD. La guida è necessaria perché chi compie il viaggio non si perda e non cada in un bad-trip. Cominciano le allucinazioni: il viaggio è complicato e difficile, e diventa anche pericoloso. Ma il protagonista riesce a ritrovare la strada di casa (anche se l’esperienza si è svolta esclusivamente nel suo subconscio), ed alla fine sembra aver capito qualcosa.

L’approccio del regista Roger Corman al problema della droga appare oggettivo: non prende posizione né a favore né contro, ma cerca di farne capire gli effetti (nonché le premesse). Se esistano la droga buona e la droga cattiva, come affermava il guru dell’LSD Timothy Leary (uno dei leaders della contro - cultura, per il quale la droga cattiva era l’eroina), è certo problema importante: ma Corman non vi dà risposta. Il messaggio del film è invece un altro: il desiderio del protagonista di uscire da un problema esistenziale viene reso possibile da un’esperienza di auto-coscienza, attraverso la quale si rende conto che è egli stesso il problema. I problemi cioè sono soltanto punti di vista, la droga in questo caso è utile a far vedere le cose da un’altra prospettiva. 

Il fulcro del racconto è l’esperienza di auto-coscienza: a questo proposito giova ricordare che essa è realizzabile anche in modi che non siano la droga (come la meditazione e l’auto-analisi). 

Il film fu scritto da Jack Nicholson, che avrebbe anche voluto interpretarlo: ma Corman oculatamente gli preferì Peter Fonda, la cui timidezza di fondo garantì la resa perfetta nella parte. Tutti i realizzatori del film provarono l’acido lisergico (LSD): Jack Nicholson, Peter Fonda e Dennis Hopper ne erano utilizzatori abituali; mentre Corman lo provò per conoscerne gli effetti. Così riuscì a girare le sequenze oniriche del film, aiutato dagli effetti speciali di Peter Gardiner e Dennis Jakob e dal montaggio di Ronald Sinclair. Il film tenne a battesimo il trio composto da Peter Fonda, Dennis Hopper e Jack Nicholson, che due anni dopo avrebbe prodotto l’epico Easy Rider (1969).

Roger Corman, profeta dei films a basso costo, in particolare degli horror tratti dai racconti di Edgar Allan Poe, inventò negli anni ’60 un nuovo genere: quello degli youth - movies, cioè films che si occupavano delle tematiche giovanili. Ne girò due che divennero in breve tempo dei “cult” (entrambi con Peter Fonda quale attore protagonista): “I Selvaggi” (1966), dramma ambientato fra le bande dei bikers (motociclisti) USA, che suscitò molto scalpore; poi questo “Il Serpente di Fuoco” (1967). Il titolo di lavorazione di quest’ultimo fu: “A Lovely Sort of Death”, anagramma di LSD, traducibile in italiano più o meno come  “una bella sorta di morte”. Va ricordato che il “Serpente di Fuoco” è una figura di rilievo del Libro Tibetano dei Morti.

Andrea Vecchi

SCHEDA DEL FILM:
USA   1967
Regìa   Roger Corman
Sceneggiatura   Jack Nicholson
Interpreti   Peter Fonda, Susan Strasberg, Bruce Dern, Dennis Hopper, Salli Sachse

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