Fino al 19 novembre 14 mostre fotografiche sparse per la città per indagare il mondo del lavoro.
Continua l’indagine sull’etica e dell’estetica del lavoro della Fondazione Mast che ha inaugurato l'altro ieri la terza edizione di Foto/Industria. Unica nel suo genere, la biennale di fotografia dell’industria e del lavoro voluta da Isabella Seragnoli, Presidente del Gruppo Coesia, è un viaggio ricco e composito su tutti gli aspetti legati al mondo produttivo visti attraverso lo sguardo di grandi artisti dell’immagine scelti dal direttore artistico François Hebel. Sono quattordici le mostre, tutte ad ingresso gratuito, distribuite in tredici spazi espositivi della città che raccontano anche l’evoluzione stessa della fotografia e il mutamento dell’aspetto sociale e antropologico del mondo del lavoro.
Non c’è un tema che fa da fil rouge di tutta la rassegna ma, per dirla come il direttore artistico che ha avuto carta bianca nella selezione, si può parlare di identità e di illusione. «Non è una mostra unica ma quattordici mostre dove ognuno dei fotografi presenta il proprio punto di vista in un flusso di immagini in cui non è sempre chiara la verità» dice Hebel. Si passa da Mimmo Jodice che porta una serie di foto scattate negli anni ’70 frutto del suo impegno politico (Santa Maria della Vita) a Michele Borzoni che si è recentemente occupato di spazi industriali sconfinati mostrandone le contraddizioni in tempi di crisi (Palazzo Pepoli Campogrande).
Foto: di Michele Borzoni intitolata "Open competitive examination" © www.fotoindustria.it
Di Josef Koudelka al Museo Civico Archeologico si possono vedere una quarantina di paesaggi industriali fotografati nell’arco di trent’anni mentre Palazzo Paltroni della Fondazione del Monte ospita le immagini commissionate dalle aziende per i loro rapporti annuali all’americano Lee Friedlander dove è tangibile l’occhio dell’autore. Da Mosca trova casa temporaneamente a Casa Saraceni Alexander Rodchenko con un’inedita prospettiva del mondo delle macchine produttive mentre sono due le serie da vedere in Pinacoteca provenienti dalla collezione Walther: una su una città americana creata per lo sfruttamento del carbone e un’altra composta da scatti di Mitch Epstein che ritrae il legame tra energia e paesaggio.
A Palazzo Boncompagni Joan Fontcuberta ci mostra la storia sconosciuta di quello che sarebbe dovuto essere il primo cosmonauta sovietico sulla luna invece Vincent Fournier (MAMbo) gioca con l’allenamento di astronauti che sembrano Playmobil e robot che sembrano umani. Mathieu Bernard-Reymond allo Spazio Carbonesi prende in esame siti di produzione energetica alsaziana che, passando dal suo obiettivo, diventano geometrie astratte così come Mårten Lange (Teatro San Leonardo) si concentra sulla solitudine degli ambienti di lavoro e John Myers che testimonia il declino dell’industria manifatturiera nell’Inghilterra thatcheriana. Solo all’apparenza poco pertinente, a Palazzo Poggi viene esposto il lavoro di un detective giapponese sulle tracce di un criminale seguito da Yukichi Watabe con l’approccio di un noir hollywoodiano.
Foto: di Vincent Fournier intitolata "Murata Boy" © www.fotoindustria.it
Due sono le mostre curate da Urs Stahel. Negli spazi dell’ex Ospedale dei Bastardini ci sono gli scatti di Carlo Valsecchi incaricato a fotografare lo stabilimento bolognese della Philip Morris con uno sguardo tecnico e surreale mentre la Photogallery del Mast, di cui Stahel è il curatore, valorizza il lavoro di Thomas Ruff alle prese con il rapporto tra uomo e macchina in qualità di artista demiurgo.
Ad accogliere i visitatori del centro culturale all’ingresso di Via Speranza 42 c’è Reach, la scultura espressamente realizzata per il Mast da Anish Kapoor, presente anche in una mostra di riproduzioni in miniatura delle sue opere più celebri. Si tratta dell’unica scultura di grandi dimensioni dell’artista e architetto britannico presente in Italia in uno spazio privato. Una sintesi perfetta dello spirito della biennale: l’identità forte dell’artista e l’illusione offerta dal gioco di specchi in cui tutti si possono riflettere scatenandosi con dei selfie che, data la natura dell’opera, non cattureranno mai la realtà per quella che è.
Giorgia Olivieri
Fino al 19 novembre 2017 – Per il programma completo consultare il sito: www.fotoindustria.it