Industria, lavoro e persone: la forza delle immagini al Mast

Cultura
Tipografia

In mostra oltre cento opere della Collezione della Fondazione Mast per raccontare il complesso rapporto tra fotografia e industria.

Raccontare, descrivere, sollecitare una riflessione, emozionare. Sono chiamate a fare questo le fotografie esposte nella galleria della Fondazione Mast per sviscerare il rapporto tra le immagini e il mondo del lavoro e dell’industria. Fino al prossimo 24 settembre si potrà visitare la mostra che si chiama appunto “La forza delle immagini” curata da Urs Stahel che ha scandagliato le migliaia di foto dell’archivio della fondazione che coprono un arco di tempo che va dal 1860 ad oggi per tracciarne quella che lui chiama “un’epopea visiva, una danza di visioni del mondo del lavoro, una pletora di impressioni dell’industria pesante e di quella meccanica, della digitalizzazione, della società usa e getta”.

Sono una settantina gli autori selezionati provenienti da tutte le parti del mondo per oltre cento opere che partono dagli anni ’20 per una narrazione che tocca più piani: la produzione, gli ambienti di lavoro, i paesaggi industriali, la storia, il personale che va dalla pura manovalanza al mondo dirigenziale per una rassegna che tocca tutti i settori, dal minerale al tessile, passando per il metallurgico e l’alimentare. Sono scatti molto diversi tra loro a cui viene affidato il compito di immergere il visitatore nelle varie fasi di lavorazione di materiali come il metallo attraverso l’obiettivo di Nino Migliori, Berenice Abbott, Germaine Krull oppure negli ambienti produttivi di varie epoche, macchinari grassi e polverosi come quelli della Thyssenkrupp di Duisburg immortalati da Thomas Struth oppure gli spazi asettici e luminosi catturati dagli obiettivi di Henrik Spohler e Walter Niedermayr.

Foto Di Walter Niedermayr Di Operai Al Lavoro

Foto: operai al lavoro immortalati da Niedermayr

C’è anche la desolazione di un’industria in declino come quella delle pellicole Kodak affidata allo sguardo di Catherine Leutenegger e le ottocento foto di un intero turno di otto ore negli impianti di produzione dei trattori John Deere condensati in un’unica e imponente immagine. Non manca certo di forza la solitudine del “Mezzogiorno di fuoco” di Jim Goldberg che testimonia il lavoro di una guardia chiamata a separare i materiali di scarto dai cadaveri animali in una sconfinata pianura di rifiuti a Dhaka in Bangladesh.

Un’intera parete è dedicata alla working class secondo Richard Avedon che Stahel immagina, parafrasando Sartre, come «gettati nel mondo condannati a una libertà che spesso, nelle condizioni sociali in cui vivono, non sono mai riusciti a sperimentare». Stahel sottolinea però quanto alcune immagini che ritraggono i lavoratori inseriti nel loro contesto, impegnati nel manovrare macchine, apparecchiature e strumenti sembrino meno smarriti e alienati. «Si arricchiscono di significato» aggiunge il curatore «il lavoro è una gigantesca macchina che produce identità». 

La mostra, a ingresso gratuito e visitabile dal martedì alla domenica dalle 10 alle 19; fa parte del programma collaterale che si snoda lungo la via Emilia del festival Fotografia Europea di Reggio Emilia.

Giorgia Olivieri

Condividi

Submit to FacebookSubmit to Twitteristagram logo
BLOG COMMENTS POWERED BY DISQUS