L’Italia dei lavoratori nascosti

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Questo fenomeno, di coloro che cercano “scappatoie” per non svolgere la mansione per la quale sono stati assunti, crea problemi e disservizi.

In Sicilia quasi trecento netturbini hanno ottenuto il permesso per non spazzare le strade; a Pescara molti infermieri e operatori socio-sanitari non lavorano a contatto con i pazienti ma svolgono mansioni solo amministrative; a Firenze il 40% dei vigili urbani passa più tempo in ufficio che in strada e in Calabria il 50% dei dipendenti della protezione civile è riuscita a farsi trasferire dietro una scrivania. Tale fenomeno, in realtà, non deve essere confuso con il comportamento dei furbetti che non timbrano il cartellino o degli assenteisti cronici del pubblico impiego che pongono in essere comportamenti palesemente illegittimi. 

I cosiddetti “imboscati”, invece, sono coloro che adottano condotte di formale legalità in quanto, pur senza fondate motivazioni, facendo leva sulla loro inidoneità parziale piuttosto che abusando della Legge 104/92, riescono a farsi trasferire tra le scartoffie di un ufficio, lontano dalla strada e lontano dai cittadini. È d’obbligo precisare che avere malattie o infortuni parzialmente invalidanti o dover assistere un parente disabile sono sacrosante motivazioni per evitare i lavori più faticosi, cambiare mansione o ottenere permessi e congedi; ma gli “imboscati” sono coloro che abusano di tali diritti al fine di evitare di svolgere il lavoro per il quale sono stati assunti. Tale meccanismo conduce alla creazione di vuoti preoccupanti nei diversi posti di lavoro e al conseguente sovraccarico sulle spalle di coloro che nel pubblico impiego svolgono la propria attività onestamente. 

È soprattutto al Sud Italia che l’esercito degli “inidonei” è maggiormente radicato: a Napoli i vigili urbani riescono facilmente a ottenere certificati medici che consentono loro di evitare la strada, a Palermo è facile trovare autisti che non possono guidare, netturbini che non possono spazzare e giardinieri che diventano improvvisamente portieri. Oltre a tali casi di “imboscamento”, uno strumento del quale si abusa senza vergogna è rappresentato dalla Legge n. 104/92. Tale rifermento legislativo consente di superare gli ostacoli che si frappongono tra le persone con handicap ed una loro migliore integrazione agendo nel modo più mirato possibile e offrendo una serie di benefici tendenti a favorire un completo inserimento della persona disabile nel contesto sociale e lavorativo. 

La Legge n. 104/92 prevede in sintesi che il dipendente possa richiedere una serie di permessi lavorativi finalizzati alla cura del familiare disabile. Oltre alla possibilità di usufruire di permessi retribuiti, la legge consente di scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, rifiutare eventuali trasferimenti o lavori notturni. Tali agevolazioni, purtroppo, sono oggetto di abusi da parte di coloro che riescono a inserire tra i disabili gravi i figli celiaci oppure le nonne residenti a chilometri di distanza. Questo triste quadro generale comporta che alcuni servizi pubblici essenziali rimangano solo sulla carta, mentre quelli meno necessari traboccano di personale inutile. 

A fronte di tali considerazioni, sarebbe opportuno che i c.d. “imboscati” si prendessero le proprie responsabilità lavorative e riuscissero a comprendere quantomeno la fortuna di avere un lavoro invece di accampare scuse inutili per non lavorare o lavorare di meno. L’Italia non ha bisogno dei “furbetti della 104” o di centinaia di imboscati; c’è bisogno di lavoratori onesti, pronti a guadagnarsi lo stipendio con il sudore e la fatica di ogni giorno, senza necessità di fregare il prossimo o di rubare un permesso in più. 

Valentina Ametta

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