Pittsburgh secondo W. Eugene Smith

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Al Mast la mostra sul lavoro del grande fotografo americano.

Si potrebbe dire che l’ultima mostra del Mast è dedicata a un’ossessione. Con il suo lavoro su Pittsburgh W. Eugene Smith è il protagonista dell’esposizione allestita a partire da oggi 17 maggio fino al 16 settembre nella galleria di via Speranza 42.

Non si tratta solo del racconto di una città industriale al culmine del suo sviluppo economico e industriale ma del tormento di uomo alle prese con il progetto della vita. A cento anni dalla sua nascita e a quaranta dalla scomparsa, il Mast ospita 170 stampe vintage provenienti dalla collezione del Carnagie Museum of Art di Pittsburgh da lui stesso donata poco prima di morire. Prima di approdare a Pittsburgh con la commissione di un reportage sulla città nel bicentenario della sua fondazione, W. Eugene Smith viveva già un dissidio interiore diviso tra l’essere un fotogiornalista o un artista.

«Era un funambolo che rifiutava di essere solo un testimone dei suoi tempi» dice il curatore della mostra Urs Stahel «metteva sempre l’arte nei suoi scatti, era capace di giocare con l’ombra per dare un senso drammatico alle immagini: il suo sogno era quello di essere un fotografo totale». Se come reporter di guerra aveva avuto già modo di fare i conti con le sue due anime, è nella città della Pennsylvania che tutto esplode. Dopo aver chiuso per ben due volte con la rivista “Life” per poter avere maggiore libertà espressiva, Smith riceve l’incarico di testimoniare il boom economico di Pittsburgh che diventava anche una città simbolo dell’America degli anni ’50.

A. Crane W. E. Smith

Foto: © Arnold Crane, "Portraits of the Photographers,", 1968-1969 

Da progetto più importante della carriera che sarebbe dovuto durare un paio di mesi, il lavoro diventa il suo più grande fallimento. Smith si arena nella città americana per tre anni scattando oltre 20mila fotografie. «Voleva creare l’assoluto, cogliere i momenti in cui tutta la verità della vita – cielo e inferno, luce e ombra – si manifestava negli avvenimenti effimeri della città ma il fotografo non riuscì a soddisfare le proprie aspirazioni che non potevano essere più grandiose» continua Stahel. Per quel progetto “Life” offrì a Smith 13mila dollari ma Smith si rifiutò nonostante la cifra.

Alla fine solo una minima parte del lavoro finì su “Photography Annual 1959” con un servizio dal titolo “Pittsburgh. W. Eugene Smith’s Monumental Poem to a City” ma il fotografo non ne fu soddisfatto e morì con il rammarico di non aver portato a termine il progetto così come lo aveva pensato lui. La mostra racconta tante storie: gli operai, le donne lavoratrici, gli abitanti, le case e l’acqua che è un elemento importantissimo della città. Ma soprattutto dice tanto anche di W. Eugene Smith soprattutto grazie ai frammenti di lettere che accompagnano l’esposizione.

Sono le stesse parole di Smith, che si possono leggere durante la visita, a descrivere il sentimento che lo ha divorato dopo Pittsburgh: «Sto cercando ciò che è veramente reale nel mio cuore: e quando l’avrò trovato, potrò stargli umilmente a fianco e dire: ‘Ecco qui, questo è ciò che sento, questa è la mia onesta interpretazione del mondo; e non è influenzata dal denaro, da inganno o pressioni, tranne dalla pressione della mia anima’». 

Info: www.mast.org - Fino al 16 settembre, martedì – domenica (10-19) – ingresso gratuito.  

Giorgia Olivieri

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