Il carcere: quali gli scenari in trasformazione

Sociale
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Il carcere è il contenitore delle problematiche del nostro mondo, sembra scontato affermare ciò, ma spesso questo viene dimenticato.

È il luogo dove arrivano diverse forme di espressione dei comportamenti pericolosi in termini di funzionalità sociale. I reati contro la persona, che divorano la tranquillità della collettività, che lasciano una scia di sgomento e che il carcere contiene e nasconde. Così come contiene e sembra mettere al riparo la collettività dai reati contro il patrimonio, ed i reati contro il sistema amministrativo fiscale. 

Il carcere come luogo dove l’inquietudine ha spazi più stretti e più rigidi dove esprimersi. La Legge del 10 ottobre 1986, n. 663 - conosciuta anche come Legge Gozzini dal suo promotore Mario Gozzini, nasce con l’intento di valorizzare l’aspetto rieducativo della carcerazione rispetto a quello punitivo. In tal senso la Legge dà attuazione all’art. 27 della Costituzione, che vieta una pena detentiva in violazione dei diritti umani e introduce una serie di possibilità volte a ridurre le restrizioni personali a cui è sottoposto un carcerato, l’umanizzazione della pena con il chiaro obiettivo di offrire possibilità di attivazione di cambiamento positivo sia per l’individuo che per il sistema. 

Negli anni successivi le misure introdotte sono ampliate con nuove opportunità di pene alternative (Legge Simeone), ma poi drasticamente ridotte con la Legge ex Cirielli. Tuttavia, di fronte all’insostenibilità del numero dei detenuti, a partire dal 2010 vengono introdotte nuovamente  misure alternative (detenzione domiciliare speciale), anche indotte dalle condanne all'Italia da parte della CEDU. Nel 2013 in buona parte vengono superate le restrizioni alle misure alternative alla detenzione in carcere derivanti dalla legge ex Cirielli sino a quando nel 2014 il Governo ha ricevuto delega per provvedere a futuri ampliamenti della possibilità di scontare le condanne minori tramite pene alternative. 

Tutti questi cambiamenti hanno riguardato la “percezione del rischio” e le misure di sicurezza, che i vari Governi che si sono succeduti, hanno ritenuto dare come risposta al Paese. Una cosa è certa, l’Europa ci ha detto chiaramente che i nostri investimenti sulla sicurezza sono totalmente inadeguati e violano i diritti umani. Un investimento che dovrebbe dirigersi verso il potenziamento di strumenti “altri” quali, personale dell’area rieducativa, maggiore formazione e strumenti conoscitivi alle forze di polizia penitenziaria, che sicuramente svolgono uno dei compiti più difficili e usuranti all’interno dell’istituzione penitenziaria.  

Una riforma che in questo momento, con le nuove emergenze terrorismo rischia di nuovo di arrestarsi e retrocedere, spendendo energie verso individuazione e repressione, piuttosto che, prevenzione ed educazione diretti al superamento di un problema, e non della sua cronicizzazione.

Gabriella Sacchetti

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