Alle radici di guerra e patriarcato nell'epos contemporaneo di Marta Cuscunà.
Domani, martedì 12 marzo alle ore 21:00, un'unica replica all'Arena del Sole per Il canto della caduta, l'ultimo lavoro dell'attrice e regista friulana Marta Cuscunà.
Come sempre rigorosa, coraggiosa e brillante, dopo la trilogia femminista di È bello vivere liberi! (Premio Scenario per Ustica 2009), La semplicità ingannata (2013) e Sorry, boys (2016), che hanno portato in scena tre storie di resistenza femminile, da quella di Ondina Peteani, Prima Staffetta Partigiana d'Italia a quella delle Clarisse di Udine, fino ai fatti di cronaca della scuola superiore di Gloucester, l'artista torna oggi a parlare di donne restituendoci una visione ancora più complessa del tema, per arrivare, attraverso le suggestioni del mito e del teatro di figura, a proporre un'alternativa concreta e possibile alla violenza e alle distruzioni del presente.
L'esempio d'altronde c'è già stato, in un passato remoto, remotissimo, nel tempo più antico del tempo, durante il regno del popolo dei Fanes, sulle Dolomiti, nella terra dei Ladini, quando le regine Molta e Moltina lo amministravano pacificamente in stretta alleanza con il popolo delle Marmotte.
Un regno matrilineare dunque, dove uomo e natura erano una cosa sola e il rapporto tra vicini mutuale e pacifico.
Foto: scena dello spettacolo © Ph. Daniele Borghello
Tutto cambiò un triste giorno, quando un re straniero sposò l'ultima regina dei Fanes dando il via a una lunga catena di guerre, volta non solo alla conquista dei paesi vicini ma alle miniere. Nonostante l'opposizione della principessa Dolasilla, il popolo dei Fanes verrà così condannato allo sterminio, in una terribile e sanguinosa battaglia, descritta, nei minimi particolari, da un grottesco stormo di corvi.
Difficilissimo da penetrare, il mito dei Fanes viene ora ripreso dalla Cuscunà in chiave contemporanea, ispirandosi a numerose letture, studi e contributi artistici, da Kläre French-Wieser, Carol Gilligan e Ulrike Kindle a Giuliana Musso, Riane Eisler Heinrich von Kleist e Christa Wolf, per esplorare senso e significato della guerra, spiegandoci come questo affondi le radici nel patriarcato e nella ricerca del profitto e scagliandosi contro non detti dei media, che nel ritmo convulso dell'informazione finiscono spesso per passare il conflitto quale notizia fra le tante, una costante nell'insieme accettabile.
Un anno e mezzo di studio e 90 giorni di residenza alla Centrale Fies hanno portato l'attrice a confrontarsi con l'archeomitologia e l'animatronica, restituendoci una rilettura del mito che tiene conto di variabili storiche e riferimenti al magico e che qui, nella sua personalissima interpretazione del teatro di figura, toccano il vertice di un violento crescendo.
Saranno infatti proprio dei grossi corvi meccanici, animati dall'artista tramite joystick, a prendere le voci del coro prima e dopo ogni battaglia, animali annoiati e con la pancia piena, impegnati a ciondolare di qua e di là, benché ignari dei perché di quell'insensata mattanza. A farne le spese, prima di tutti, saranno i bambini, i cui effetti sulla guerra vengono ora messi in discussione nelle crude immagini di teste-topo, iconografia liberamente ispirata al lavoro del duo tedesco Herakut, street artists in zone di guerra.
La realizzazione dei pupazzi, a cura della scenografa Paola Villani, si è valsa di tecnologie generalmente applicate all'industria con l'idea di svincolare il teatro di figura, da sempre al centro dell'opera della Cuscunà, dalla consueta tradizione popolare italiana per esplorarne piuttosto le nuove aperture immaginifiche e narrative.
Foto: altra scena dello spettacolo © Ph. Daniele Borghello
Un'intuizione che non è sfuggita al Tarumba Teatro de Marionetas di Lisbona, che, insieme a Fies, a CSS Teatro Stabile d’innovazione del Friuli Venezia Giulia, Teatro Stabile di Torino, São Luiz Teatro Municipal Lisbona, in collaborazione con il Teatro Stabile di Bolzano, ha sostenuto con entusiasmo Il canto della caduta, felicemente accolto in Portogallo.
Un teatro che è strumento di lotta politica e cambiamento sociale è quello di Marta Cuscunà, che in quest'ultima ricerca, forse la più cupa di quelle realizzate finora, sembra tuttavia dirci che i tempi sono maturi per fare un salto in avanti, che non c'è più tempo per girarci intorno, che il cambiamento è qui, è ora ed è possibile, anche perché, forse, chissà, nel tempo più antico del tempo, è già esistito.
Segnaliamo ai lettori di BNB che durante lo spettacolo, della durata di 1 ora, saranno presenti forti e ripetuti suoni disturbanti e frequenti lampi di luce.
Per chi volesse approfondire la ricerca che ha preceduto la realizzazione dello spettacolo l'attrice ne mette a disposizione fasi e strumenti sul suo ricchissimo blog, su cui vale davvero la pena di soffermarsi, oltre che di ringraziare l'autrice, che con generosità si spinge così a condividere con noi il proprio patrimonio di conoscenza appreso, facendo di questa scelta un invito che è già il principio dell'opera stessa.
Lucia Cominoli
Per ulteriori informazioni:
bologna.emiliaromagnateatro.com | cantodellacaduta.blogspot.com