In Italia la tutela della salute è sancita dall’articolo 32 della Costituzione che identifica il diritto alla salute come: “un fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.
Non lo vincola alla cittadinanza italiana o allo status di residenza. Da questo principio deriva la legislazione attualmente in vigore che sancisce il diritto di qualunque cittadino straniero in Italia di usufruire dei servizi pubblico- sanitari a prescindere dalla propria situazione giuridico – amministrativa. L’assistenza sanitaria nei confronti del cittadino straniero in Italia è regolata dalla legislazione nazionale e condizionata da numerose politiche presenti a livello locale.
Il testo giuridico di riferimento è il Decreto Legislativo n. 286 del 1998 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” che, con il relativo Regolamento di attuazione (D.P.R. n. 394/1999), ha introdotto un corpo un corpo giuridico moderno in grado di superare in ambito sanitario un approccio legato all’emergenza, al fine di garantire il diritto di inclusione ordinaria degli stranieri all’interno del sistema di tutela della salute di tutti gli individui. Un successivo intervento legislativo in materia è avvenuto con la Legge n. 189 del 2002, meglio conosciuta come Legge Bossi – Fini, che ha legato indissolubilmente la presenza di un regolare rapporto di lavoro al soggiorno sul nostro territorio italiano.
Tali normative, orientate da un lato a soddisfare esigenze di accoglienza e dall’altro ispirate a logiche repressive, hanno contribuito a conferire un significativo input anche alle politiche regionali e locali che, nella realtà quotidiana, sono di fatto protagoniste della concreta offerta sanitaria ai migranti. Il sistema della sanità pubblica, ogni giorno, deve fare i conti con le particolari caratteristiche di ciascun immigrato, sia esso uno straniero regolare o irregolare, un richiedente diritto di asilo o uno straniero temporaneamente presente nel nostro territorio. Secondo il D.Lgs del 1998, gli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio italiano hanno l’obbligo di iscriversi al SSN a parità di trattamento e con piena uguaglianza dei diritti rispetto ai cittadini italiani.
Il soggetto che regolarmente soggiorna in Italia è colui che è in possesso del permesso di soggiorno, unico documento utile a consentire la permanenza dello straniero non comunitario sul territorio nazionale. Diversa è la tutela sanitaria nei confronti dell’immigrato privo del permesso di soggiorno che comunemente si definisce irregolare. La legge italiana, ai soggetti non in regola, riconosce comunque il diritto alle cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti ed essenziali, ancorché continuative al fine di assicurare all’infermo un ciclo di cure complete fino alla guarigione. Agli stranieri irregolari sono comunque garantiti, inoltre, la tutela della gravidanza e della maternità, la tutela del minore e le vaccinazioni, la cura e la riabilitazione dalle tossicodipendenze e dalle malattie psichiatriche.
Per gli stranieri temporaneamente presenti in Italia, l’erogazione delle prestazioni sopra menzionate è subordinata al rilascio, da parte dell’ASL di appartenenza, di un codice STP. Tale codice non è in alcun modo assimilabile al documento di permesso di soggiorno, ma funge unicamente da strumento per l’accesso ai servizi sanitari. Si può ritenere, pertanto, che la sanità pubblica italiana è riuscita a garantire i servizi e i percorsi di tutela per tutti quei soggetti che, per motivi diversi, si trovano in condizioni di forte fragilità sociale. La salute dei migranti e le relative tematiche connesse sono dunque questioni cruciali per l’agenda nazionale e per la stessa società civile e, proprio per tale motivo, sarebbe opportuno un adeguato riconoscimento da parte di qualsiasi individuo, italiano o straniero che sia.
Valentina Ametta
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