Musiche dal mare aperto al Teatro Duse

© Foto di Roberto Ruager

Interviste
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L'11 maggio i laboratori I Fiori Blu incontrano Paolo Fresu e Sonia Peana in un workshop aperto al pubblico.

Che cosa succede quando chi si approccia alla musica per la prima volta scopre che un foglio di carta, un sasso, un bicchiere d'acqua o un tubo può trasformarsi in un “materiale sonoro”, richiamare sfregamenti oppure incantevoli tintinnii? Probabilmente finirà per riappropriarsi di qualcosa di sé, di qualcosa rimasto a lungo tempo depositato al fondo del memoria, nell'identità artistica che abita in ognuno di noi. L'udito è il primo dei cinque sensi a svilupparsi nel feto materno, è il nostro primo contatto con il mondo esterno, il filo di un divenire. Forse la musica c'è sempre stata, compresa quella del silenzio, ed è per questo che, anche se non si è capaci di riprodurla tecnicamente, appartiene a tutti. 

Come questo sia possibile ce lo racconta il liutista Sebastiano Scollo coordinatore e conduttore, con la violinista Angela Albanese, del laboratorio musicale de I Fiori Blu: musicateatro 2018, un progetto di formazione multidisciplinare di musica e teatro in collaborazione con Gruppo Elettrogeno Teatro e Coro Arcanto, rivolto a persone che scontano la pena in misura alternativa alla detenzione, ad operatori che lavorano nell'ambito del sociale, a musicisti e attori. Il progetto è in collaborazione con U.I.E.P.E Bologna (Ufficio Interdistrettuale Esecuzione Penale Esterna) D.G.M.C - Ministero della Giustizia. 

A precedere l'esito spettacolare del percorso, “Dite alle Sirene che ripasso”, in scena il prossimo giovedì 24 maggio al Teatro Duse (ore 20:30), venerdì 11 maggio ci sarà invece, sempre al Duse, dalle ore 18:00 alle ore 21:00, un workshop aperto al pubblico che avrà per protagonisti il grande trombettista Paolo Fresu e la violinista Sonia Peana. Il percorso ruoterà proprio intorno ai materiali sonori per l’improvvisazione, dal “rumore” all'elettronica, in dialogo con i partecipanti de I Fiori Blu.

Gruppo Elettorgeno Ne I Fiori Blu

Foto: il Gruppo Elettrogeno in scena con I Fiori Blu

Sebastiano, chi sono i partecipanti al laboratorio musicale di quest'anno?         

Ci sono persone che scontano la pena di misura alternativa alla detenzione e la cosiddetta messa alla prova con diversi operatori sociali del settore e non solo. Insieme a loro dei musicisti che collaborano musicalmente alla produzione dello spettacolo finale.

Questi ultimi che ruolo hanno avuto?                                                                   

I musicisti hanno avuto ruoli diversi. Ci sono musicisti che hanno accettato di partecipare fin dall'inizio al laboratorio e come tutti i partecipanti si sono messi in gioco a fare delle sperimentazioni sonore con dei materiali particolari, senza suonare necessariamente il proprio strumento ma hanno così collaborato alla realizzazione dello spettacolo. Ci sono poi dei musicisti che ho invece chiamato alla fine perché ci servivano, in base a quello che avevamo fatto durante il laboratorio, per portare in campo alcune sonorità specifiche, proprie di particolari strumenti.

All'interno del laboratorio abbiamo infatti lavorato sulla voce con il coro Arcanto, che con il gruppo teatrale ci seguiva parallelamente, ma anche e soprattutto sperimentando nuove sonorità attraverso l'uso di oggetti e materiali diversi, costruendo cioè delle forme e delle strutture sonore, che poi abbiamo integrato con degli strumenti musicali o all'interno di musiche preesistenti o, ancora, composte ad hoc.

Nel momento in cui abbiamo avuto bisogno di integrare queste sonorità con gli strumenti sono entrati in gioco i musicisti che sono stati chiamati appositamente.

Quali materiali e quali strumenti avete utilizzato?                                                

Per questa edizione abbiamo raccolto come gruppo strumentale un doppio quartetto di 4 chitarre elettriche e 4 viole da gamba, più un cornetto barocco, grazie a Bruce Dickey, uno dei più famosi cornettisti sulla scena, il padre del cornetto rinascimentale, un vero onore. Ci sarà inoltre anche una flautista che è anche attrice all'interno del percorso di formazione dei laboratori teatrali e il polistrumentista Fabio Tricomi, che oltre a suonare la viola nel gruppo suonerà anche molti strumenti mediorientali, il liuto arabo, le percussioni, come lo zarb, la percussione persiana. Fabio Tricomi ha anche fatto degli stage all'interno del laboratorio, proponendoci delle tecniche specifiche, anche con gli strumenti a fiato, che ci hanno aiutato a lavorare meglio sui materiali, come per esempio la plastica. I flauti medio orientali sono infatti accostabili a dei tubi, non hanno particolari imboccature e riproducono un suono simile.

Abbiamo così utilizzato tubi lisci, che si possono usare come flauti ma anche tubi corrugati che si possono invece facilmente utilizzare come trombe. Vari tipi di bottiglie di vetro poi, possono anch'esse diventare flauti, producendo, soprattutto quando si usano d'istinto, anche con un semplice soffio, dei suoni molto interessanti. Quelle di plastica, invece, sono piuttosto elastiche e possono diventare degli ottimi strumenti percussivi. Percuotendoli contro superfici solide, per esempio, riproducono un suono simile al tamburo e con forme diverse portano con sé altezze diverse, quindi si creano anche delle scale. Ci sono state anche le bombole esauste vuote, anch'esse ottime percussioni e scatoloni di cartone o semplice carta, sottoposta a sfregamento o altri tipi di sollecitazioni...

Come è stato possibile per chi non si era mai avvicinato a uno strumento musicale colmare la distanza?

Utilizzare non degli strumenti ma dei materiali ci ha permesso di partire tutti da un livello zero. Tra i musicisti potevano esserci delle differenze di velocità nell'apprendimento di certi ritmi certo, ma di fatto eravamo tutti degli sperimentatori. Anch'io nel momento in cui proponevo un materiale avevo appena condiviso una scoperta e viceversa gli altri che potevano aver ricevuto suggestioni diverse dallo stesso materiale. Abbiamo usato anche le sonorità dell'acqua, provando a soffiare nell'acqua tramite i tubi che citavo e creare delle bolle... Un giorno una dei partecipanti ha cominciato a emettere dei soffi di voce, quasi a cantare nel tubo immerso nell'acqua, finendo per emettere delle sonorità molto particolari che abbiamo scelto di inserire anche nello spettacolo. Ci è stato successivamente detto da cantanti professionisti che questa nostra inconsapevole scoperta è oggi una delle ultime frontiere della tecnica vocale dei cantanti lirici per rilassare la laringe e le corde vocali.

Quale spazio avete dato all'incontro con il laboratorio di formazione teatrale a cura di Martina Palmieri e Gruppo Elettrogeno Teatro e con il percorso canoro del Coro Arcanto?

Di fatto si è trattato di tre percorsi paralleli. Questa è ormai la quarta edizione del progetto ma la grande novità di quest'anno era che i nostri partecipanti sono stati ospitati dentro un coro già preesistente con le sue metodologie, tempi e scadenze, il Coro Arcanto, che ha condiviso anche alcuni propri progetti. I partecipanti sono stati così inseriti in una realtà corale che è anche qualcosa di più di un semplice coro ma è una vera e propria comunità con una lunga tradizione, coordinata da Giovanna Giovannini. La sfida che ti propone un coro, poi, è sempre molto accattivante. Chi non ha mai cantato viene comunque spinto dagli altri, non si trova mai da solo, trova sempre un sostegno. 

Alla fine le tre esperienze hanno cercato di unirsi in un risultato unico.

Sebastiano Scollo E I Musicisti De I Fiori Blu

Foto: Sebastiano Scollo e i musicisti de I Fiori Blu

Il tema del racconto di Ulisse sarà al centro di “Dite alle Sirene che ripasso”, l'esito spettacolare del percorso. Quando ha trovato ragion d'essere all'interno del vostro laboratorio?

Il tema di Ulisse è emerso abbastanza presto in accordo con le esigenze del laboratorio teatrale che per me è quello che dà sempre la direzione, fa sempre cioè da capofila al resto del gruppo. La tematica era poi musicalmente molto interessante quindi è stato pressoché immediato farsi coinvolgere.

Il teatro per il Gruppo Elettrogeno è arte della trasformazione, per tutti, indipendentemente dai vissuti e le condizioni di partenza. E la musica? 

La musica per come è vista normalmente è arte d'élite, più del teatro, più netta è in musica la separazione tra il pubblico e l'esecutore, perché, a far da discrimine c'è prima di tutto un divario tecnico incolmabile. La musica è anche molto consumata dalle masse, anche se ci riferisce prevalentemente al semplice ascolto.

Nel momento in cui tu proponi ad adulti qualsiasi un laboratorio musicale, questi vogliono immediatamente interpretare un cantante famoso o suonare la chitarra per provare a imitare delle star, si va insomma molto per stereotipi e contemporaneamente sanno che è qualcosa a cui non potranno mai arrivare, in questo modo però finisce che non ti metti in gioco. Abbiamo dunque cercato di tirare fuori le persone da questi luoghi comuni e fare quello che di fatto si fa in molte metodologie didattiche con i bambini: lavorare a partire dal pre-musicale. Sono cose che negli anni '70 la musica concreta già faceva, non c'è nulla di nuovo. L'avanguardia tende però a essere lontana dalla persone comuni, mentre la nostra prospettiva è diversa, pone in relazione la persona che ha imparato a conoscere il suo oggetto sonoro con lo strumento del musicista, finendo per produrre insieme qualcosa di unico che cambia la prospettiva di entrambi. Tutti nello spettacolo che vedrete saranno al centro della scena, nessuno sarà di contorno. Questa è una cosa che, a mio avviso, può trasformare le persone.

Paolo Fresu ha partecipato a tutte le quattro edizioni del progetto e quest'anno, nonostante gli impegni, si renderà disponibile a condurre un incontro pubblico di laboratorio. Una bella dimostrazione di affetto e fiducia. Da dove nasce quest'importante collaborazione?

Conosco Paolo da tanti anni e pensare a lui è stato subito istintivo fin dalla prima edizione de I Fiori Blu. Chi lo frequenta non può infatti dimenticare la sua spiccata sensibilità verso determinati temi. Fin dal principio ha accettato molto volentieri, ed è stato poi naturale coinvolgerlo ancora.

Il titolo del seminario “dal rumore all'elettronica” ci dà un po' la chiave di quello che faremo venerdì 11 maggio al Duse. Fresu utilizza molto l'elettronica combinandola con la sua elevatissima tecnica di trombettista finendo per creare un livello ulteriore di linguaggio. Nel nostro piccolo anche noi abbiamo fatto un percorso parallelo con i nostri materiali, riascoltandoli e rielaborandoli elettronicamente con Roberto Passuti.

Vorremmo proporre queste sonorità a Paolo e vedere che cosa lui tirerà fuori, un'improvvisazione collettiva insomma, dove al posto delle parole ci saranno i suoni.

Lucia Cominoli


Per ulteriori informazioni e prenotazioni:

www.teatrodusebologna.it  |  www.gruppoelettrogeno.org

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