Nuovo codice degli appalti, vecchie complicazioni

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Fabiola Gollinucci, avvocato del foro di Forlì Cesena, consulente di molte Amministrazioni Pubbliche per l’elaborazione di gare d’appalto e per importanti imprese per rispondere alle gare. Autrice di numerose pubblicazioni in materia, ci ha rilasciato questa intervista.

Progressivamente sta entrando in vigore il nuovo codice sugli appalti, destinato a regolamentare gli acquisti della Pubblica Amministrazione e le concessioni pubbliche, di che cosa si tratta? Può farci una sintesi dei suoi principali contenuti?

Il nuovo codice è entrato in vigore 19 aprile 2016, abrogando il “vecchio” codice (d.lgs. 163/2006). Il Governo, che secondo la delega avrebbe potuto effettuare in due tempi le operazioni di recepimento delle direttive e di riordino complessivo, rispettivamente entro il 18 aprile e entro il 31 luglio 2016 ha optato per il recepimento e riordino contestuale con il termine del 18 aprile. Di cui la necessità di addivenire al “completamento” dello stesso con le linee guida ministeriali e dell’ANAC, oltre che con svariati altri decreti ministeriali, destinati a sostituire il precedente regolamento (d.P.R. n. 207/2010) con circa 50 atti attuativi di svariate tipologie. Viene pertanto abbandonato il modello del regolamento unico demandando l’attuazione del codice a fonti di secondo livello. 

Il codice è composto da n. 220 articoli (1.354 commi, 743 lettere e 32 sottopunti) e n. 25 allegati e suddiviso in n. 6 Parti, n. 17 Titoli, n. 14 Capi e n. 9 Sezioni. Il 15 luglio 2016 (in Gazzetta Ufficiale, 15 luglio 2016, n. 164) è stato pubblicato un comunicato di rettifica: 181 errori nei 220 articoli del nuovo Codice degli appalti. Trovo complesso riassumere le “novità” introdotte dal nuovo codice data la molteplicità e complessità delle stesse.

Mi limiterò ad indicarne alcune a titolo meramente esemplificativo, ovvero:

• l’introduzione del rating d’impresa (disciplinato dall’art. 83 comma 10 d.lgs. 50/2016) la cui “gestione” viene demandata all’ANAC, che definisce mediante linee guida i requisiti reputazionali e i criteri di valutazione degli stessi nonché le modalità di rilascio della relativa certificazione ai fini della qualificazione delle imprese.

• Il DGUE (documento di Gara Unico Europeo) disciplinato dall’art. 85 del d.lgs. 50/2016 redatto in conformità al modello di formulario approvato con regolamento di esecuzione UE 2016/7 della Commissione del 5 Gennaio 2016, consiste in un’autodichiarazione aggiornata come prova documentale preliminare in sostituzione dei certificati rilasciati da autorità pubbliche o terzi in cui l’operatore economico conferma tutte la condizioni di cui agli artt. 80, 83 e 91 del codice.

• È stata posta maggiore attenzione alla qualità (con l’obbligo dell’utilizzo dell’offerta economicamente più vantaggiosa per tutti gli appalti di servizi sociali e per quelli ad alta intensità di manodopera) e agli aspetti sociali e ambientali

• È stato rafforzato il favore per le micro imprese e piccole e medie imprese attraverso l’obbligo di divisione in lotti degli appalti (art. 51) e le previsioni di requisiti minimi che garantiscano l’accesso alle gare (art. 83);

• È stata disciplinata la centralizzazione delle stazioni appaltanti, attraverso un sistema di qualificazione che prevede requisiti minimi, in capo all’ANAC, e delle centrali di committenza (art. 37 e segg.).

Le cooperative sociali in che modo vengono coinvolte dal nuovo codice nell’accesso alle commesse pubbliche?

Il nuovo codice ha posto maggiore attenzione alla dimensione sociale modificando radicalmente le previsioni relative alle clausole sociali e agli appalti riservati, già presenti nelle vecchie direttive, potenziando le opportunità per le stazioni appaltanti. Come tutti ricorderemo l’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC), con delibera 20 gennaio 2016, n. 32 ha approvato le Linee guida per l’affidamento di servizi a enti del terzo settore e alle cooperative sociali, elaborate con riferimento alla disciplina di cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163. Dopo l’entrata in vigore del nuovo codice la Regione Emilia Romagna con deliberazione della giunta regionale 27 giugno 2016, n. 969 ha pubblicato Linee Guida Regionali sull’affidamento dei servizi alle cooperative sociali

Rimane la tipologia di affidamento per i cosiddetti “laboratori protetti”, quelli per intenderci che devono avere tra i dipendenti più del 50% di disabili e devono impiegare la stessa percentuale nella commessa ricevuta?

Gli appalti e le concessioni riservati per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate vengono disciplinati dall’art. 112 il quale prevede la possibilità di riservare l’esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti quando almeno il 30 per cento dei lavoratori dei suddetti operatori economici sia composto da lavoratori con disabilità o da lavoratori svantaggiati. La norma fa riferimento alle categorie di svantaggio previste dall’art. 4 della Legge 381/91. L’elenco di cui al nuovo codice non menziona però la categoria espressamente prevista dalla normativa europea (all’articolo 2 del regolamento (UE) N. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014), dei “lavoratori svantaggiati”.

È stato superato l’obbligo di inserimento lavorativo del 50% di lavoratori disabili previsti dalla precedente direttiva e dal vecchio Codice.  Sono fatte salve le convenzioni ex art. 5, comma 1 della legge 381/91. È stato introdotto rispetto all’affidamento dei servizi sociali l’obbligo di applicare il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 95, comma 3). Segnalo infine che per servizi sociali la soglia di rilevanza comunitaria è stata fissata dall’art. 35 del codice a 750.000 Euro.

La qualità degli appalti e dello svolgimento delle commesse per la Pubblica Amministrazione, trarrà un vero giovamento dalla nuova normativa o il nuovo codice serve solo a snellire le procedure?

Temo che la “semplificazione” sia più formale che sostanziale.

Maurizio Cocchi

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